“Leggere, discutere di ciò che si legge e condividere le impressioni su ciò che si sta leggendo; niente meglio di questo fa comunità.”
Ospite al Forum dei Bookinfluencer per Chiari Prima capitale italiana del libro, Matteo Biagi ha raccontato del progetto che porta avanti da ormai quasi dieci anni: laboratorio di lettura, gruppo di lavoro, associazione culturale, webzine “fatta in casa,” Qualcunoconcuicorrere.org è il blog di recensioni di libri che il professore toscano ha fondato insieme a un gruppo di alcuni dei suoi studenti ed ex studenti.
Un esperimento fondato su due ingredienti fondamentali: la condivisione e il senso di appartenenza a una comunità, dove i protagonisti sono i ragazzi e le loro letture.
Com’è nata l’idea del blog Qualcunoconcuicorrere?
L’idea del blog non è stata immediata. La nostra prima esigenza, con i ragazzi, era restare in contatto fra di noi, quindi inizialmente avevamo pensato a un gruppo chiuso. Non volevano interrompere quel tipo di esperienza e continuare a consigliarci libri. Fu uno dei ragazzi che disse: “Prof, ma se provassimo a mettere anche a disposizione di altri i nostri consigli?”
Da dove viene invece l’idea del nome?
Sono le prime tre parole di un libro di David Grossman, e riguarda proprio l’idea di condivisione: “Qualcuno con cui”. A volte, quando indossiamo le nostre magliette, qualcuno – succede davvero – ci scambia per un gruppo di podisti.
Come funziona, i ragazzi si alternano nel lavoro di redazione?
I ragazzi sono circa quarantacinque, e una trentina di loro partecipano alla vita di redazione. Riceviamo i libri dagli editori, e poi attraverso una classe virtuale i ragazzi scelgono le letture e inseriscono il libro di cui parleranno nel calendario recensioni.
Il mio ruolo è quello di armonizzatore: non costringo mai nessuno a recensire un titolo ma cerco di rendere quello che compare sul blog il più equilibrato possibile. È raro che si trovino stroncature, ma non è una scelta editoriale: i ragazzi hanno un lasso di tempo così ampio in cui scegliere che cosa recensire, che gli viene naturale parlare di qualcosa che hanno amato. Il nostro scopo è mettere in rete gli innamoramenti.
Qual è stata la sorpresa più grande da quando hai avviato il progetto nel 2012?
La cosa che mi ha sorpreso di più è stato vedere i ragazzi crescere e diventare professionisti senza però perdere nulla della spontaneità, della freschezza e del candore nel loro lavoro. È difficile dire come siano cambiati i ragazzi, ma ho notato che leggono cose diverse. Dieci anni sono un lasso di tempo in cui si vedono benissimo le mode editoriali. Ma in realtà certe dinamiche nel loro percorso sono sempre le stesse: c’è un’adesione fondata sulla relazione che nasce in maniera spontanea, si sviluppa un senso di appartenenza fortissimo, e quello che mi piace di più è vedere come tante piccole generazioni diverse diventino un gruppo unico.
Alla luce degli eventi dell’ultimo anno e mezzo, pensi che il progetto di Qualcunoconcuicorrere abbia assunto una valenza diversa per i ragazzi?
In questo periodo si è visto il lavoro profondo degli anni precedenti e tutto il vero protagonismo dei ragazzi. Nel momento in cui ci siamo ritrovati tutti chiusi in casa, niente del nostro lavoro è stato messo in discussione. Parte del gruppo è a Firenze, dove insegnavo e vivevo prima, parte è nell’alto Mugello, dove vivo ora, perciò siamo naturalmente predisposti al lavoro a distanza. Ma attraverso contatti di alcuni ragazzi sono entrati nel gruppo nuovi componenti da altre parti d’Italia. Questo probabilmente senza l’attitudine al lavoro a distanza della pandemia non sarebbe stato possibile. Per qualcuno è stato anche un’ancora, una bella cosa a cui aggrapparsi durante un periodo molto difficile per tutti, e penso abbia forse confermato la solidità del progetto.
Tra scuole aperte a intermittenza e Didattica a distanza, la pandemia ci ha davvero mostrato quanto la scuola sia fondamentale.
Fa piacere che tanti si siano resi conto dell’importanza della scuola, anche se non ho digerito molto questa polarizzazione del dibattito, come se la scuola in presenza fosse una scuola perfetta e, al contrario, la scuola a distanza fosse la summa di tutti i mali. In realtà c’è una buona scuola e una cattiva scuola, indipendentemente dalla presenza o dalla distanza.
Pensi che la lettura potrebbe aiutare a rimettere la scuola al centro?
La lettura è, molto semplicemente, il modo migliore che abbiamo per trasformare la classe da una serie di individui a una comunità. La lettura ad alta voce andrebbe fatta anche quando i ragazzi sono più grandi: intanto prepara il terreno all’acquisizione di competenze trasversali e che fanno sentire la propria ricaduta anche su altre discipline; in più, ha il vantaggio di trasformare immediatamente la classe in una comunità.
Il Diario in pubblico di Elio Vittorini comincia con una pagina intitolata “maestri cercando”, che esprime l’idea che lo studente abbia bisogno di maestri, di guide. Quanto è importante per un adolescente avere un maestro?
Non credo tanto alla retorica del Professor Keating dell’Attimo fuggente, ma credo che l’essere capace di essere una guida si fondi su poche parole chiave che sono a disposizione di tutti. Essere un insegnante non vuol dire doversi mettere in una posizione giudicante. Certo, bisogna valutare, che non vuol dire giudicare, ma dare valore, etimologicamente parlando. Devi ascoltare e rispettare, e credo che queste siano doti che chiunque di noi può avere se pensa che siano importanti.
E chi sono o sono stati i suoi, di maestri?
I miei maestri sono stati alcuni miei insegnanti di scuola, mio nonno, da bambino, e la mia famiglia. Però, a costo di sembrare retorico, i miei maestri sono spesso anche i miei alunni, perché si impara tanto quanto si insegna.
Sfatiamo un luogo comune: i dati sulla lettura ci dicono che la fascia d’età in cui si legge di più è quella dei ragazzi dagli 11 ai 14 anni, seguiti da quelli di 18-19. Da dove arriva dunque l’opinione diffusa che i ragazzi non leggano?
Dal fatto che non ci sforziamo di entrare in dialogo con loro. A volte le letture dei ragazzi sfuggono anche al nostro controllo. Magari tu gli fai leggere un libro bellissimo, un classico, ma non accessibile per loro in quel momento. Forse non lo leggeranno, ma molto spesso hanno dei canali per conto loro, che non ti comunicheranno mai, tramite i quali accedere alla lettura: magari leggono manga, spesso sono forti lettori di genere. Per i ragazzi funziona il passaparola, hanno poi dei canali e dei codici che, quando non li ascoltiamo e non dialoghiamo con loro, ci sfuggono.
I ragazzi di Qualcunoconcuicorrere hanno preferenze rispetto alla modalità di lettura? Cartaceo, ebook, entrambi?
Spesso siamo costretti a leggere in digitale dalla distanza, e questo nell’ultimo anno e mezzo è aumentato tanto. Il cartaceo di solito arriva a me e non è sempre facile gestirlo, ma ci sono profili anche molto diversi all’interno del gruppo che penso rappresentino la diversità che c’è poi all’esterno: ci sono ragazzi che sono ostinati lettori in cartaceo e, se possono, non sostituirebbero mai la carta con il digitale; altri che invece non hanno problemi con il digitale, e poi ci sono quelli che, come me, leggono sia in cartaceo sia in digitale. Qualche anno fa si pensava che il digitale avrebbe soppiantato la carta, questo non è avvenuto, non avverrà, ma questo non significa una sconfitta del digitale, possono coesistere tranquillamente e lo vediamo proprio nei profili di lettura dei ragazzi.
Matteo Biagi è intervenuto con David Frati e Marino Sinibaldi il 26 giugno al 1° Forum nazionale dei Bookinfluencer per Chiari Prima Capitale Italiana del Libro.