Se è vero che, per citare Calcutta, “Pesaro è una donna intelligente”, Taormina (e la Sicilia tout court) dovrebbe essere un posto in cui non cresce mai veramente l’addio. Il 2020 ha costretto milioni di persone alla lontananza e ha affidato alla tecnologia il compito di ammortizzare il rimpianto e l’attesa.
Anche per la Sicilia, tradizionalmente abituata a una sorta di immobilità interiore, unita però a un paradossale e contraddittorio dinamismo esteriore, lo scorso anno è finito per somigliare a una lunga nottata estiva, preda di uno strano torpore che l’ha trasformata in una moderna Aurora in attesa del bacio del principe che potesse risvegliarla e amarla nel profondo, con tutte le sue contraddizioni. A caricarsi del compito di risvegliare questa terra ormai stanca di amori consumati in una notte con uomini vittime del suo fascino fantasmatico e misterioso, come tanti Ulisse in preda al canto delle Sirene, è stata l’undicesima edizione del TaoBuk.
Ideato da Antonella Ferrara, il Festival ha offerto uno dei primi eventi in presenza dell’estate 2021 e, quindi, la possibilità di prostrarsi ai piedi dell’isola, a detta di Colapesce una “femme fatale a cui perdoni sempre tutto, anche se fa la stronza e ti fa soffrire”, e della sua abbacinante e scandalosa luce che, secondo Gesualdo Bufalino, fa invidia persino agli Dei e rende incredibile e inaccettabile il pensiero della morte.
Forte della presenza spettrale di Tennessee Williams e Truman Capote, Picasso e Richard Strauss, Woody Allen e, ancora, Ernest Hemingway a vegliare sui vicoletti in saliscendi della perla dello Ionio, Taormina ha donato a David Grossman e Olga Tokarczuk, Emmanuel Carrère e Manuel Vilas, Luciano Canfora e Stefano Mauri, Stefania Auci e Cristina Cassar Scalia, Paola Dubini e André Aciman (e molti altri ancora) la possibilità di tornare a tessere relazioni dal vivo e di abbracciare la quiete profonda nascosta dietro il tumulto dell’apparenza di questo luogo situato tra cielo e mare.
“Odisseo è l’essere umano nel suo impasto di storture. C’è l’ambizione, l’astuzia, l’inganno, la lealtà. Siamo tutti quanti Odisseo, soprattutto in questo luogo baciato dagli Dei.” A sentire Fabrizio Gifuni e Aldo Cazzullo declamare brani tratti da La Divina Commedia davanti al nutrito pubblico presente in occasione della Serata di Gala di TaoBuk sorge spontaneo pensare alla reazione di Andrea Camilleri che, al termine del suo Conversazione su Tiresia recitato l’11 giugno 2018 al Teatro Greco di Siracusa, ha parlato del concetto di eternità e ha spiegato di aver finalmente “provato” – tra le sue pietre millenarie – quella sensazione che, fino a quel momento, si era semplicemente limitato a intuire.
Come un novello Odisseo, anche chi vi scrive si è scoperto straniero in patria e ha intrapreso un breve viaggio in cui immaginario e realtà hanno finito per convivere e specchiarsi, aggrovigliandosi e meravigliandosi a vicenda delle proprie singolarità. Da un lato i lunghi mesi sognanti di chi ha seguito il Master Booktelling – Comunicare e vendere contenuti editoriali dell’Università Cattolica di Milano – esiliato in una terra in cui tutto scorre ma nulla cambia; dall’altro la scoperta del controcampo fisico, quella tanto decantata “conoscenza di esseri umani”, espressione attraverso cui Giulio Einaudi ha descritto il mondo dell’editoria in occasione della sua conversazione con Severino Cesari.
Anche a causa di forza maggiore, l’undicesima edizione di TaoBuk è stata incentrata sul tema delle Metamorfosi e gli autori chiamati a conversare hanno riflettuto sulle sue implicazioni in un luogo etimologicamente diabolico, destinato ad accogliere e “sintetizzare”, pantheon di storie, aneddoti, “cunti de li cunti”, cliché che, per citare Umberto Eco, “parlando tra loro, celebrano una festa di ritrovamento” e colori saturi di emozioni con cui la Sicilia culla le anime che vagano nel suo sogno. È questo il paradosso di quanto provato nel corso degli ultimi giorni: quello che, solitamente, sarebbe stato una sorta di escapismo immaginario si è trasformato in una nuova immersione nelle acque misteriose di una realtà che soltanto uno sguardo stupito e naif è in grado di penetrare in profondità.
Dal bianco e nero bicromatico dei lockdown alla cedevole scambievolezza delle tinte: la morbidezza degli angoli smussati, la levigatezza della pietra bianca di Modica, le riviere cristalline, il cielo azzurro su cui si staglia una sfera infuocata e le lacrime di sangue di chi osserva gli Dei forgiare le loro armi battagliere all’interno del proprio antro. È stato questo l’orizzonte estetico che ha accolto i tre studenti del Master Booktelling (me, Carolina Scarpa e Giulia D’Addea) che hanno seguito l’undicesima edizione del TaoBuk e hanno avuto modo di tuffarsi a capofitto in un weekend denso di indigestioni di granite e chiacchierate letterarie.
Il fine settimana è iniziato con Le delicate metamorfosi dell’animo. A ritroso tra misteri e racconti, incontro con Andrè Aciman moderato da Eleonora Lombardo. In occasione del suo intervento virtuale, l’autore di Chiamami col tuo nome ha presentato il suo ultimo romanzo, L’ultima estate, un viaggio a ritroso nel tempo che racconta la stagione dell’amore per eccellenza. Ancora una volta, lo scrittore egiziano naturalizzato statunitense ha portato in scena la nostalgia per quei desideri immersi nelle delicate profondità dell’animo e un viaggio attraverso la transitorietà del tempo con l’obiettivo di raccontare l’eternità di un amore talmente perfetto e pieno da essere condannato a un finale tragico. Come fantasmi brancolanti nel buio dei Lugentes Campi che vivono di sapori, profumi e memoria, i personaggi di Aciman partono alla ricerca del tempo perduto ma rimangono vittime degli echi assolati e seducenti di un tempo concesso sempre in prestito e, per questo motivo, crudele come poche altre cose.
Palazzo Ciampoli è stato anche la sede de Il sogno americano. Cosa resta?, conversazione con Francesco Costa e Antonio Monda moderata da Viviana Mazza. Il vicedirettore de Il Post e il direttore della Festa del Cinema di Roma e docente alla New York University, adottato dagli Stati Uniti d’America, hanno parlato di Una storia americana: Joe Biden, Kamala Harris e una nazione da ricostruire e de Il principe del mondo, entrambi editi da Mondadori. Costa e Monda si sono posti un interrogativo: esiste ancora il sogno americano o, viceversa, come scritto da Francis Scott Fitzgerald, gli Stati Uniti sono una terra che non offre la possibilità di un secondo tempo? Per Antonio Monda, il sogno americano è un contraddittorio vaso di Pandora in cui convivono luce e mostruosità, una sorta di bestiario mitologico popolato da personaggi visionari e in grado di anticipare il futuro con lucidità estrema. Cosa si accetta di fare pur di arrivare in cima al mondo? “Don’t let it be forgot that once there was a spot for one brief shining moment that was known as Camelot”: dietro la nascita del mito moderno della Camelot di Kennedy c’è questa frase di una canzone cantata da Richard Burton in un musical di Broadway. Esattamente dieci giorni dopo la morte del marito, Jackie Kennedy commissionò a Theodore White un articolo sul suggestivo parallelo tra la presidenza Kennedy, drammaticamente interrotta, e la leggendaria corte di Re Artù. Tempo dopo, il giornalista avrebbe rivelato di essersi reso protagonista di “un semplice atto di gentilezza nei confronti della vedova disperata di un leader appena assassinato”. Il sogno americano si è infranto sotto ai colpi di un fucile Carcano Mod. 91/38 o la mitologia popolare frutto di un’ossessione personale non è mai corrisposta al vero?
L’intreccio tra realtà e costruzione narrativa è stato anche al centro de I leoni di Sicilia. Metamorfosi di un’isola, conversazione che ha coinvolto Stefania Auci, autrice de I leoni di Sicilia. La saga dei Florio – bestseller edito da Editrice Nord –, Lorenzo Nigro, archeologo autore de I geni di Mozia – edito da Il Vomere –, ed Elvira Terranova nei panni della moderatrice. Più volte al centro di quest’undicesima edizione di Taobuk è stato posto l’orizzonte magmatico contemporaneo in grado di cambiare forma e sostanza al presente e di provocare una metamorfosi anche nei comportamenti dei lettori. In un contesto così liquido, è il potere delle storie e dei racconti a svolgere un importante ruolo sociale e a sorreggere una delle tre colonne – piena di vistose crepe e segnata dal tempo – su cui poggia la Sicilia nella leggenda di Colapesce, trascritta e rielaborata da Italo Calvino.
Senza riuscire a sottrarsi al richiamo abissale di miti, sogni e psiche, anche Emmanuel Carrère ha trattato di uomini, eroi, mostri e spettri con l’obiettivo di ritrovare il filo rosso che unisce le culture di ogni tempo e ricreare quella coscienza collettiva che la modernità ha sacrificato a vantaggio di una cultura frammentata. Nel corso di una conferenza stampa all’ombra di numerosi ulivi, lo scrittore francese ha presentato il suo ultimo romanzo, Yoga – edito da Adelphi –, confessione in prima persona di un autore che non rinuncia a paragonarsi a Prometeo: “In che mito mi rispecchio? Se fossi presuntuoso, e a volte lo sono, direi Prometeo. Mi affascina l’idea di giocare con il fuoco. No no, non sono un narcisista. A interessarmi, però, è anche la figura di Icaro. Mi piace chiedermi se, dopo la caduta, sia riuscito a nuotare e a cavarsela. Secondo me, sì!”. Giunto a Taormina per ritirare il TaoBuk Award for Literary Excellence, Carrère ha scelto di prolungare la sua permanenza in Sicilia per altri quindici giorni, alla ricerca degli echi dei racconti di Sciascia e Pirandello e, più di ogni altra cosa, delle onde metamorfiche a cui è soggetta la storia: “L’unica cosa che non cambia mai è il fatto che tutto sia soggetto a un costante cambiamento”.
Infine, la serata di Gala al Teatro Antico di Taormina, dedicata – a chi altri se no? – a Franco Battiato, le cui note sono risuonate dolci tra lo Ionio e l’Etna: “Ancora un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore, nuove possibilità per conoscersi. E gli orizzonti perduti non si scordano mai. La stagione dell’amore tornerà con le paure e le scommesse, questa volta quanto durerà”. Entusiasmi che fanno pulsare il cuore, un ventre di perla da abbracciare e attraverso cui sentire il mare, profumo di cannella misto a gelsomino e la malinconia dell’arrivederci. Forse è vero… Soltanto chi soggiorna di passaggio in Sicilia e si prepara ad abbandonarla percepisce il segreto eterno e inconfessabile di un luogo in cui, in fin dei conti, non cresce mai veramente l’addio ma che “costringe” ad avere voglia di cercare e abbracciare la sua ombra sui muri.
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