A tredici anni inizia a scrivere per confidare alla carta i subbugli del suo mondo interiore di ragazzino, ma presto si rende conto che la scrittura e le parole esercitano su di lui un fascino straordinario. “Provare a metterle in versi aggiungeva un po’ di senso a me stesso, mi restituiva un poco di ‘armonia’, come una sorta di temporaneo ritorno da un esilio.” Oggi Giovanni Granatelli, siciliano d’origine, è autore di svariate sillogi poetiche e di una raccolta di prose. Ma vanta anche un’esperienza trentennale nel campo della promozione editoriale e dal 2017 fa parte della squadra dello Sviluppo Editori di Emme Promozione. I libri e, prima ancora, le parole, sono oggetto di un “amore duraturo, che non accenna a diminuire nel tempo” e che caratterizza tanto la sua sfera privata quanto quella professionale.
Qual è il punto di incontro di due prospettive così apparentemente inconciliabili, quella di autore e quella di promotore editoriale?
Ho sempre avuto un grande pudore nei confronti del mio scrivere e spesso i colleghi hanno scoperto questo “segreto” in modo molto casuale, chiedendosi anche se si trattasse di una semplice questione di omonimia con il tizio che aveva ricevuto un premio o il cui volume veniva recensito. Ma, a esser sincero, intimamente non vedo contraddizione. Poter declinare in differenti attività il rapporto con l’oggetto della propria passione è intrigante e la componente ludica e sociale insita nell’attività commerciale (che trovo coinvolgente, appassionante) in me convive senza stridere con la pratica solitaria, intima e appartata della scrittura.
Come ha cominciato con Emme Promozione?
Ho iniziato nel settembre 2017 quando la promozione Dehoniana, di cui ero il capo rete, è stata acquisita da Emme. Dal 2019 ho lasciato il mio ruolo di capo rete per entrare, con grande divertimento, nella squadra dello Sviluppo Editori.
Quali erano i suoi compiti in qualità di capo rete?
Il capo rete governa e analizza il lavoro degli agenti che vanno sul territorio: dà indicazioni, assegna obiettivi di vendita, monitora il lavoro effettuato da agenti e account direzionali. Svolgevo un lavoro di gestione della rete di vendita.
Di che cosa si occupa, nello specifico, la sezione Sviluppo Editori di Emme Promozione?
Chi lavora nella nostra squadra è una sorta di consulente permanente degli editori a cui si dedica. “Sviluppare” un editore significa innanzitutto occuparsi del suo andamento commerciale, in merito al quale offrire analisi e proposte, ma il dialogo si estende anche al varo di nuove collane o di nuovi titoli, alla scelta di copertine e alla fisionomia delle schede di presentazione delle novità. Ciò che spesso viene “sviluppato” è un rapporto di complicità, di partnership profonda che sfiora le corde dell’amicizia.
Quali sono, secondo lei, le competenze e le attitudini necessarie per lavorare nell’ambito della promozione editoriale?
Se dovessi scegliere un “ingrediente” di base, che funga da premessa, lo individuerei nella curiosità intellettuale, nel senso più ampio e anche più semplice dell’espressione. A questa va ovviamente aggiunta una propensione alle relazioni interpersonali. In proposito vorrei aggiungere una mia personale convinzione: si ritiene, e io sono d’accordo, che un promotore debba avere una spiccata capacità comunicativa, ma si trascura troppo spesso un’altra disposizione fondamentale, quella all’ascolto e all’osservazione dell’interlocutore, all’interpretazione di necessità e desideri cui tentare di venire incontro.
Quali opportunità può offrire oggi questo settore ai giovani che desiderano lavorare in editoria?
Quello della promozione è un settore che è cambiato davvero molto nel corso dei miei trent’anni di attività, prima con l’avvento dell’informatica e poi con la vera e propria rivoluzione copernicana portata dalle librerie online. Internet ha modificato e amplificato le modalità di vendita e di comunicazione ed è diventato imprescindibile per il mondo dell’editoria. È proprio questa complessità a configurarsi come opportunità per i più giovani, una complessità che chiede e offre una visuale sempre più ampia in cui diverse competenze e discipline interagiscono tra loro, in cui l’odore antico della carta si sposa con le più moderne forme e tecnologie di comunicazione.
Una complessità accentuata dalle attuali circostanze. Quale futuro può ipotizzare per l’editoria post Covid-19?
Bisognerebbe capire innanzitutto quanti editori e quante librerie riusciranno a resistere. D’altro canto, il problema sarà – per il libro come per qualsiasi merceologia – la capacità di spesa che avranno gli italiani. Secondo me è auspicabile una razionalizzazione della produzione da parte degli editori: che pubblichino meno, curando però molto di più i libri e comunicandoli meglio. Un libro ormai ha una duplice dimensione, cartacea e virtuale, viene promosso sulla carta stampata ma anche sul web, attraverso i social…
L’online ha un ruolo più che mai centrale nel commercio del libro, in questo momento.
Il commercio online ora fa la parte del leone e da un certo punto di vista è destinato a crescere. Non demonizzo l’online perché, nonostante i difetti, è una vetrina nella quale si possono trovare fianco a fianco il libro del grande editore e quello del piccolo editore, con pari dignità.
Una visibilità che lo spazio fisico non sempre può garantire ai piccoli editori…
Sì, a differenza dello spazio fisico, l’online consente questa visibilità e anche quella che definisco “fruizione democratica”. Se faccio una ricerca su un tema, non trovo solo i titoli di Mondadori o Longanesi, ma anche quelli di editori molto piccoli. E in effetti i piccoli editori vendono tantissimo online.
Oltre a occuparsi di Sviluppo Editori, lei è anche autore. La libreria è un po’ l’anello di congiunzione delle sue diverse “anime”, il luogo in cui il prodotto libro – pensato, elaborato, revisionato, promosso, distribuito – arriva finalmente nelle mani del destinatario ultimo: il lettore. Quali crede che saranno gli scenari futuri relativi alla r-esistenza delle librerie fisiche?
Sono fermamente convinto che al centro della libreria ci sia il libraio, la figura professionale attorno alla quale si costruisce l’esercizio commerciale e che attribuisce a questo l’impronta di stile. Certo, l’intraprendenza – che si può manifestare nella proposta degli eventi, nell’effettuazione delle vendite online, nella partecipazione a iniziative esterne e nella comunicazione sui social – è molto importante. Ma ha davvero senso, diventa davvero persuasiva, quando nasce da una competenza e da una passione profonde, riconducibili a una persona in carne e ossa.
Parliamo della scrittura. Ha all’attivo cinque raccolte di versi, ma ha da poco pubblicato il volume Spostamenti. Prose e racconti (Nardini, 2020), che è uscito a marzo, in un momento in cui gli spostamenti fisici erano limitati. Qual è per lei il senso profondo del viaggio? E quali esigenze l’hanno spinta a preferire questa volta la modalità espressiva della prosa?
Spostamenti raccoglie prose scritte nel corso degli anni e che spesso sviluppavano appunti conservati in piccoli taccuini. La modalità espressiva è venuta da sé, adattandosi al tentativo di esprimere innanzitutto a me stesso il senso di viaggi, luoghi e incontri. Certo, è singolare e un po’ buffo che un volume con questo titolo sia uscito proprio nei giorni in cui non era consentito nemmeno allontanarsi dalla propria abitazione, ma allo stesso tempo la circostanza ha reso più evidente la necessità che credo animi queste pagine: lo spostamento fisico come premessa, condizione per un’apertura interiore, per un’esperienza esistenziale.
Ha esordito come autore con le poesie di Strategie di resistenza (Mobydick, 2002), un titolo che si carica di significati ulteriori alla luce della complessa situazione che stiamo vivendo. Quali sono le “strategie di resistenza” che adotta un poeta in un periodo come questo? La sua scrittura ne risente o, al contrario, ne trae nuova linfa vitale?
La scrittura non è mancata, per fortuna, ma le parole più utili credo siano state quelle della lettura, anche per dare il giusto peso alla fatica che ci è stata chiesta in queste settimane. Affrontare per esempio le pagine di un libro da poco uscito come I giusti di Jan Brokken, che attraversa vicende poco note dei tempi della Shoah, mi ha consentito di ridimensionare il nostro sacrificio, minuscolo rispetto a quelli che tanti, troppi, devono e hanno dovuto sperimentare in ogni epoca e anche nella nostra.
Leggere per resistere, dunque. Non può mancare allora qualche consiglio di lettura: un libro imprescindibile secondo lei?
L’ultimo grande innamoramento, che ha avuto quasi il sapore della scoperta di un classico, è avvenuto con uno scrittore islandese, Jón Kalman Stefánsson. Ha pubblicato sette romanzi con Iperborea e li ho letti tutti, uno dopo l’altro, con la stessa passione con cui da bambino leggevo i libri di Salgari. Se invece dovessi scegliere un libro della vita direi I fratelli Karamazov.
La promozione editoriale è tra le attività centrali insegnate nel Master BookTelling Comunicare e vendere contenuti editoriali. Qui l’elenco degli insegnamenti e dei docenti.