In editoria, il posizionamento strategico di un libro è il segreto per ottenere buoni risultati sul mercato. Come raggiungere questo obiettivo? Attraverso una conoscenza approfondita del territorio e dei lettori. È proprio questo il servizio che mette a disposizione il promotore di nuova generazione, che non si limita al tradizionale “giro delle librerie” in cui espone i titoli al libraio, ma diventa vero e proprio punto di incontro fra editori e librai. In occasione del secondo evento di Editoria in Progress 2019, organizzato dai Master in Editoria dell’Università Cattolica, Fabio Abate, direttore della società di consulenza commerciale editoriale Promedi di Bologna – che mette a disposizione una borsa di studio per gli studenti del Master – e docente presso il Master Booktelling. Comunicare e vendere contenuti editoriali, ci ha illustrato questo ruolo e le sue evoluzioni più recenti.
Viste le difficoltà del mercato editoriale, ci sono, e se sì quali, nuove strategie adottate dai promotori?
Negli ultimi dieci anni, con l’entrata e affermazione di Amazon, il mercato è totalmente cambiato. Così come il modo di distribuire, ad esempio con l’acquisizione di PDE da parte di Messaggerie. Tutto si è polarizzato intorno ai grandi gruppi, semplificando i canali di vendita: le catene librarie, Amazon e le librerie indipendenti. Il lavoro è cambiato molto perché la nostra azienda non è più definita dagli editori come il “mio promotore” ma come il consulente commerciale a 360 gradi, che si occupa del posizionamento sul mercato includendo tutto ciò che riguarda la comunicazione.
Quindi c’è differenza nel vostro lavoro fra librerie di catena e librerie indipendenti?
Facciamo un lavoro diverso. Nella libreria indipendente ci occupiamo delle novità, dei rifornimenti, del posizionamento, delle rese, fino all’organizzazione delle presentazioni con gli autori. Nella libreria di catena si fa prevalentemente un lavoro di visibilità e marketing. I librai di catena di proprietà hanno pochi margini decisionali, si cerca quindi di verificare che le decisioni prese centralmente siano correttamente svolte sui punti vendita, mentre con le librerie in franchising che in genere hanno più margini di manovra, facciamo un lavoro più simile a quello svolto nelle indipendenti, più personalizzato.
Esistono titoli che “si vendono da soli”?
Sì, ma stiamo parlando dei giga seller, sempre troppo pochi… Per il resto c’è sempre del lavoro da fare. Il vero lavoro si concentra su scrittori esordienti, nuovi argomenti o su un taglio nuovo dato a un argomento noto. Un nuovo libro cerca spazio in un settore saturo e ha bisogno di differenziarsi, ciò può essere ottenuto solo con la fisicità di qualcuno che te lo racconta. Una delle grandi soddisfazioni di quest’anno è stata vincere il Campiello con il libro di Andrea Tarabbia. Certamente il merito è suo e dell’editore (Bollati Boringhieri), ma ci fa piacere avere condiviso il suo percorso fin dalla prima riunione interna con l’editore molti mesi prima della sua pubblicazione fino al successo finale.
In questo modo potete consigliare voi al libraio cosa acquistare e cosa non acquistare?
Questo è proprio il valore aggiunto che dà una struttura come la nostra. I nostri promotori non soltanto conoscono il libraio, ma anche il bacino di lettori a cui si rivolge il libraio. Anche il titolo potenziale, non conosciuto ma che può essere accostato a un titolo gemello, può essere presentato come un’occasione per coloro che hanno già letto il libro affine. Naturalmente nel caso di un libro che non è nelle corde di quel libraio, un bravo promotore lo segnala ma non lo spinge più di tanto.
Questo perché il promotore guadagna sul sell-out, non sul sell-in? Cioè, se il libraio restituisce delle rese…
… il promotore perde una parte della propria provvigione. Il promotore è pagato sul “venduto”, che è la differenza di ciò che mandi in libreria (sell-in) e ciò che viene restituito (le rese). Inoltre, sovrastimare qualcosa che ha limitate potenzialità in partenza fa perdere di credibilità, oltre che tempo e danaro a tutti gli interlocutori.
Parlando di digitale, con l’avvento dell’e-commerce il vostro lavoro di promotori tradizionali può tradursi in un servizio di social marketing?
Assolutamente sì, è già così. Con le dovute distinzioni. Per operatori come IBS, che hanno un dna librario, interagiamo con chi si occupa della vendita e della visibilità sul sito. Ciò ha molte affinità con ciò che facciamo nei punti vendita fisici. Tutt’altro discorso è Amazon. Per noi Amazon è più un social media: se gli fornisci tutte le informazioni affinché possa interagire con i lettori di un certo editore, allora davvero riesci a fare la differenza. Partendo dall’assunto che se oggi se non sei sui Social con costanza e coerenza non esisti.
Invece, qual è ruolo della promozione tradizionale verso il prodotto digitale, come e-book o audiolibri?
Non ci riguarda. In quel caso la promozione del digitale perlopiù segue la promozione del prodotto fisico ma è promossa da piattaforme apposite. Se ci sono delle pubblicazioni esclusivamente in digitale, che non arrivano al punto vendita, di fatto non c’è promozione come siamo abituati a conoscerla.
Lei ha lavorato anche per Skira, un editore di riferimento per il mondo dell’arte.
Ho lavorato in Skira per dodici anni ed è stata una grande scuola, mi sono occupato di editoria a 360 gradi: è una sigla sovranazionale che si propone nel trade sia a livello globale, sia a livello locale con una prevalenza nella gestione dei bookshop museali.
Nei settori di nicchia, se il target di lettori è specifico ma ristretto, la promozione risulta più facile o più difficile?
Nel caso dei libri di arte, essendo prodotti costosi e per una nicchia, devi legarti molto al luogo o alla mostra. Ad esempio, se c’è una mostra a Palazzo Reale a Milano, le librerie della città dovrebbero avere più copie del catalogo, mentre non è necessario che ci sia più di una copia in città distanti, tenuto conto anche del suo prezzo. Per la saggistica che non è legata a un evento specifico, devi saper capire il momento: quale autore e quale tema proporre ad ogni singolo giro, ad ogni singola libreria. Nel caso di testi universitari, invece, si tratta perlopiù di librerie specifiche del settore.
Possiamo dire che al posto di una distinzione sulla base del potenziale di vendita generale, si distingue un prodotto in base al luogo in cui può essere venduto, tanto o poco che sia?
Il nostro lavoro va dalla vendita del titolo da cento copie sul territorio nazionale a quello da centomila e oltre. Per come la vedo io, se c’è un mercato di nicchia, c’è un mercato. Ad esempio, per alcuni volumi di saggistica, o per testi tecnico universitari, spesso l’interesse è legato a specifici territori sui quali viene fatta una promozione mirata dal nostro personale.
Questo vale anche per le piccole librerie indipendenti? Crede che ognuna debba sottolineare un carattere specifico anche se rivolto a un pubblico ristretto?
Certamente. La specializzazione è diventata oggi più che mai necessaria. Se diventi uguale agli altri, e gli altri sono “più forti” di te, non hai possibilità di farcela.
Ma, oggi, se so già che titolo comprare mi è più comodo acquistare su Amazon.
Però c’è anche chi preferisce ancora andare nella libreria specializzata, o di quartiere dove ne approfitta per sentire il parere di un libraio, che non è mai banale. Fino a prova contraria Amazon oggi non ha ancora il 90% del mercato.
C’è anche la strategia di scegliere un prodotto più generalista e puntare sulla location come luogo di incontro. Penso a Feltrinelli Red.
Quello di abbinare l’aspetto librario a quello di ristorazione è qualcosa che perlopiù si possono permettere le grandi catene. Come detto, la piccola libreria indipendente è meglio che si specializzi. Però, se riesce a trovare una collaborazione interna o attigua con un bar bistrot certamente aggiunge attrattività al proprio business. Il modello “libro + caffetteria” è oramai quasi imprescindibile, almeno per le nuove aperture.
Quali sono tre caratteristiche necessarie per poter lavorare nella promozione?
Hanno tutte a che fare con le motivazioni e le caratteristiche delle persone. Se non hai una buona capacità comunicativa e se non ti fa piacere avere a che fare con le persone, allora questo non è il tuo mestiere. Poi ti deve piacere il libro, non devi leggere tutto, ma ti devi tenere aggiornato. Ed infine, ti deve piacere vendere. La sfida è tutta qui.
Parlando di formazione, lei durante il suo percorso ha svolto degli studi di Business e Management.
L’ho fatto in corsa. Il vantaggio, oggi, di avere dei master come il vostro è che ti spiegano il mestiere e ti indirizzano. Quando ho cominciato io, trent’anni fa, iniziavi a fare questo lavoro per caso. All’università avevo un’amica che faceva i pacchetti per le spedizioni postali per McGraw-Hill Italia. Un giorno, essendo in periodo esami, mi chiese di sostituirla. Dopo qualche mese, in casa editrice mi proposero di occuparmi delle vendite in Liguria. Ho preso le chiavi della macchina e ho cominciato così. Solo quando sono passato dal lato della scrivania, ho sentito la necessità di consolidare le mie conoscenze attraverso un Master in Business Administration.
Fabio Abate è stato intervistata ai margini dell’evento Olschki, un editore a cavallo di tre secoli, del ciclo Editoria in progress.
Fabio Abate insegna Promozione editoriale al Master Booktelling. Vedi l’elenco completo dei docenti del Master BookTelling Comunicare e vendere contenuti editoriali e del Master Professione Editoria.
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