Giulia Fossati siede accanto a me su una panchina. Si sfila i sandali, si raccoglie i capelli: “Posso mettermi comoda?”. Dopo mesi di incontri virtuali, distanziamento e videochiamate, la Digital PR del gruppo GeMS che lavora con bookinfluencer, influencer e chiunque parli di libri sul proprio canale sceglie l’ombra di un albero secolare come luogo ideale per parlare di libri.
Partiamo dalla base. Cosa fa una Digital PR e in che cosa si differenzia da una PR tradizionale?
Per una Digital PR le pubbliche relazioni nascono dall’interazione con un ecosistema che è quello digitale. Un ecosistema sicuramente nuovo e diverso da quello tradizionale. Ma fare un buon lavoro di Digital PR significa tenere sempre in fuoco le persone dietro i contenuti e dietro le professioni. Ho sempre fatto marketing e promozione, ma di indole sono più una PR; conosco personalmente ormai tante delle creator (più donne che uomini) che intercetto poi anche per campagne di comunicazione.
Quindi potresti dire che tra i molteplici aspetti della comunicazione, le relazioni sono quello più importante?
Forse l’aspetto ancora più importante è capire la persona che sta dietro il lavoro di qualità. Prima ancora di tessere delle relazioni, è fondamentale professionalizzare i contenuti prodotti dalle persone, diversamente dall’ufficio stampa tradizionale che in ambito editoriale ha a che fare con i giornalisti culturali. Si tratta di valorizzare prima di tutto, come esperienza utente, ciò che si vede e la professionalità che c’è dietro, capire chi si ha di fronte e perché crea quei contenuti, perché crede in determinati valori, perché ha una certa passione, e approcciarlo o approcciarla sulla base di tutto questo. È una comunicazione mirata.
A proposito di comunicazione, hai lavorato molti anni in Garzanti. Come hai visto cambiare il suo volto da una comunicazione più tradizionale a quella digitale?
L’ho vista cambiare tanto. Ho iniziato in Garzanti ormai dieci anni fa e sono stata attrice e testimone della trasformazione digitale: nell’ufficio marketing e promozione, ci siamo mossi per navigare e cavalcare le opportunità che il digitale man mano ci offriva. Io stessa, da stagista, ho aperto l’account Facebook della casa editrice; poi sono arrivate le blogreview e i blogparty, step necessari per coinvolgere gruppi di bookblogger e creare quel meccanismo di visibilità che oggi replichiamo su Instagram. Infine, è arrivata l’apertura degli account Instagram e Twitter e la crescita del canale. Al modificarsi di un trend e di una piattaforma, è lì che si spostano i produttori di contenuto.
Quindi cambia la forma dei contenuti, ma non la sostanza?
Non è che oggi chi scrive non esiste più. Il bisogno di raccontare le proprie passioni e la lettura c’era già prima di Instagram. Semplicemente era la forma scritta che vinceva, il blog, perché in quel momento era il momento del blog; Instagram invece è visual e descrizione. Quindi la comunicazione si è semplicemente traslata su un altro canale, ma rimane di fondo l’interagire con persone che vogliono recensire un libro, o con piattaforme culturali (come Mangialibri o Il libraio) che fanno la stessa cosa.
Ora che sei in GeMS, noti nel tuo lavoro delle differenze rispetto alla realtà di Garzanti?
Essendo Garzanti parte del gruppo GeMS, ho semplicemente portato il mio know-how, sviluppato in e grazie a Garzanti, nell’ufficio marketing centrale del gruppo GeMS. Non è molto diverso, ma si è affinato, perché la mia è una figura centrale che lavora su progetti e prodotti particolari, su libri specifici. Vengono messi budget a disposizione e io mi relaziono con l’ufficio stampa e l’ufficio marketing, che hanno obiettivi e interlocutori diversi. È una sorta di funzione-ponte, adesso molto riconosciuta, ma ci è voluto un po’. Ho iniziato a fare Digital PR senza che si chiamassero ancora Digital PR e senza che neanche si chiamassero influencer o bookinfluencer.
Nel corso di questi anni di cambiamento, qual è stata la sfida più impegnativa per te e quella che più ti ha dato soddisfazione?
La sfida più impegnativa è stata sicuramente il salto da Garzanti a GeMS, coinciso con il mio periodo di formazione in Inghilterra. Ho affinato delle idee e le ho messe in pratica in una casa editrice inglese e la vera sfida, che è anche ciò che oggi mi rende contenta del lavoro che faccio e che ancora posso fare, è stata tornare e capire, insieme alla direzione GeMS, che c’era bisogno di una figura più strategica su un’area che stava nascendo. Era necessario un coordinamento e me l’hanno affidato, credendo in me e nel fatto che io stessi semplicemente anticipando di poco un bisogno che sarebbe stato di tutti.
Di fronte allo sviluppo delle Digital PR e alla nascita di nuove figure come i bookinfluencer, verrebbe da pensare che le potenzialità del digitale non abbiano limiti o che siano molto ampie. Ti trovi d’accordo con questa considerazione?
Non vedo dei limiti, ma è un digitale che non è del tutto delegato a sé stesso. C’è dietro tutto un lavoro umano importantissimo. Semplicemente, si moltiplicano le piattaforme e le opportunità di comunicazione, ma non è un limite, anzi, è un’opportunità. Bisogna però non approcciarvisi con un atteggiamento leggero, diffidente. È un lavoro che si può creare, di pari passo con lo sviluppo del digitale e delle piattaforme, ma con una forte attenzione umana. D’altronde parliamo di editoria, l’industria del contenuto per eccellenza. Non è solo posizionamento del prodotto sul digitale, è una creazione continua di senso: capire qual è la leva, partire da un contenuto e creare una storia.
A proposito di creare una storia, intercettare un target, definire una strategia che possa portare a una crescita in termini di numeri. Quanto conta il fattore tempo?
Tanto, soprattutto in una fase iniziale. Ricopro questo ruolo più specifico da due anni e mezzo, e senz’altro il primo anno è stato di approfondimento e tanto tempo passato da utente, prima di tutto. Quanto più tempo investi anche a capire le logiche, non solo da utente ma anche investendo nella tua formazione, migliore e più mirata è la comunicazione, e sarà più utile a te stesso e a chi ti assume.
Durante il tuo intervento alla Rassegna della Microeditoria di Chiari parlavi del mondo editoriale e dei libri che sono una “nicchia”. Qual è tua la nicchia preferita?
La nicchia che preferisco è al momento forse quello che chiamerei il femminismo social, l’attivismo. E lo dico da utente, non da professionista, perché più spesso mi trovo a promuovere la narrativa di genere, mentre seguo diversi profili di persone che mi stimolano una profonda riflessione. Non che il blookifluencer non lo faccia, ma ciò che mi stimola è una lettura. Quindi tengo ormai a coinvolgere più che posso i profili che seguo anche per interesse personale.
Sarebbe stata la mia prossima domanda. Quanto riesci a far combaciare i tuoi gusti “di nicchia” con gli interessi lavorativi e le collaborazioni del gruppo GeMS?
Direi un 50%, un giusto equilibrio. Ho la fortuna di lavorare nell’industria culturale, partiamo già da un profilo avvantaggiato, poiché coerente con quelli che sono i miei giusti. 50% è farli combaciare, a volte invece è lasciarmi stimolare: magari non posso coinvolgere un creator o una bookinfluencer in un’attività, ma mi faccio stimolare dalle conversazioni e dai contenuti che genera.
Giulia Fossati è intervenuta con Giovanni Burzio e Petunia Ollister il 26 giugno 2021 al 1° FORUM NAZIONALE DEI BOOKINFLUENCER – Rassegna della microeditoria, ultimo appuntamento del ciclo di Dibattiti di Book Tales.