Un progetto a cura degli allievi dei master in editoria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

“La rubrica è il primo pensiero della mattina e l’ultimo della sera”. Intervista a Viviana Vuscovich

Giordano Milo

Professione Editoria

Ritratto di Viviana VuscovichLa videocamera si apre su un angolo di ufficio luminoso e ordinato, con una scrivania su cui sono sparsi alcuni oggetti di cancelleria. Al centro dello schermo, Viviana Vuscovich dell’Ufficio diritti di GeMS mi saluta con un sorriso, e dopo qualche battuta sull’ennesima call di Zoom – “per lavoro, nel periodo del Covid, ne ho fatte un’infinità” – esordisce dicendo che è lei stessa un’ex allieva del Master in Editoria.

Davvero?

Sì, quando ancora era il corso di Specialista Editoriale della Scuola di Editoria al Centro Piamarta. Ormai sono passati vent’anni.

Vorresti raccontarci un po’ di più del tuo percorso formativo e professionale?

Mi sono laureata a Genova in Lingue e letterature straniere. Dopodiché ho subito iniziato a lavorare in un campo che, lo confesso, non mi piaceva. I libri invece erano sempre lì, un chiodo fisso nella testa. Alla fine, a trent’anni, ho deciso di cambiare tutto. Con grande forza d’animo ho lasciato un lavoro a tempo indeterminato e sono venuta a Milano a cercare qualcos’altro. Qui ho fatto il Master, che mi ha aperto la possibilità di uno stage da Grandi e Associati.

Com’è stata quest’esperienza?

In agenzia sono cresciuta molto, professionalmente, ma ho avuto anche fortuna, dato che la persona che si occupava della vendita dei diritti degli autori italiani all’estero e dei cataloghi degli editori stranieri in Italia ha cambiato lavoro. È stata una grande fortuna. Mi è piaciuta moltissimo l’esperienza dell’agenzia letteraria, perché è una realtà all’interno della quale “si vede tutto”.
Poi, dopo quattro anni, sono passata in GeMS. Inizialmente mi sono occupata delle acquisizioni per l’editore Salani, e a quel punto ho capito di aver trovato il mio lavoro. Dal 2010, infine, sono passata a fare quello che faccio adesso.

Ovvero?

Sono Foreign and Movie Rights Manager del Gruppo. Questo significa che mi occupo principalmente di due aspetti relativi ai diritti secondari (quelli di traduzione e audiovisivi). Per gli autori italiani delle varie sigle del gruppo – tranne quelle per bambini. Propongo le loro opere alle case editrici straniere per arrivare a una traduzione del libro (è la parte di Foreign Rights) e alle case di produzione per dare idee e soggetti al fine di farne dei film o delle serie televisive (li chiamiamo Movie Rights, ma si tratta per l’esattezza di diritti audiovisivi).

Fammi capire meglio: vendi i diritti di traduzione degli autori italiani del gruppo all’estero e quelli audiovisivi in Italia?

Non esattamente: la vendita dei diritti di traduzione è necessariamente all’estero, ma per quanto riguarda il diritto audiovisivo può trattarsi di una vendita a un produttore italiano così come straniero. È la produzione a decidere su quale mercato posizionare il prodotto finale.

Di cos’altro si occupa chi lavora in un ufficio diritti?

I due settori principali sono le vendite e gli acquisti. Nelle vendite i diritti maggiori sono quelli di cui mi occupo io, poi ci sono altri diritti secondari: diritti che noi abbiamo acquisito dall’autore e che cerchiamo di vendere. Nella nostra realtà in particolare c’è una persona che si occupa di diritti teatrali, scolastici, book club e di edizioni da edicola. Poi naturalmente c’è tutta la parte di diritti digitali, quindi diritti audio e ebook; un’altra persona si occupa di questo. Dall’altra parte c’è tutto il reparto che si occupa delle acquisizioni, composta da persone che svolgono il ruolo delle figure a cui mi rivolgo io quando cerco di vendere i diritti di traduzione. Comprano i diritti di traduzione dall’estero per far diventare l’opera un libro in Italia.

Mi sembra di capire che ancora una volta si possa smentire il mito per cui per lavorare in un ufficio diritti serva una formazione giuridica.

Assolutamente. Nessuno del nostro ufficio è laureato in Giurisprudenza o ha fatto studi di questo tipo. Naturalmente se qualcuno si volesse occupare specificamente di contratti potrebbe giovare una formazione giuridica, ma quando un contratto diventa troppo ostico e difficile da gestire GeMS ha i propri legali, che per esempio ci seguono per i contratti cinematografici.

Naturalmente, però, vi occupate anche voi di contratti, giusto?

Certo: alcune delle mie colleghe che si occupano delle acquisizioni rappresentano proprio l’ufficio contratti. Il processo di acquisizione è grosso modo questo. Quando l’editore straniero ci propone un’opera noi la leggiamo, la facciamo leggere ai nostri lettori, la legge l’editor. In breve, se l’opera è buona, la direzione editoriale decide di comprarne i diritti. A quel punto entra in gioco l’ufficio diritti, che fa le sue valutazioni e cerca di pensare a un’offerta congrua. Ci si coordina con la redazione – soprattutto con l’editor e il direttore editoriale – e si manda l’offerta all’ufficio diritti dell’altro editore.

E poi?

Una volta terminata la negoziazione, viene infine tutta la parte del contratto con la discussione dell’offerta: anticipo, royalties, durata del contratto, data di pubblicazione e così via. Questi sono i termini essenziali di competenza di tutto l’ufficio diritti; tutti i restanti (e parliamo di contratti che possono arrivare anche a venti pagine) sono di competenza dell’ufficio contratti.

Perciò il vostro ufficio diritti si relaziona ad altri?

Io che vendo parlo soprattutto agli editor stranieri, che leggono il testo e valutano se può essere coerente con la loro linea editoriale. In caso affermativo fanno loro stessi l’offerta, oppure la palla passa all’ufficio diritti, che fa la trattativa.

Quindi come primo approccio ci si relaziona con l’editor.

Dipende da come viene organizzato il lavoro: in GeMS è l’ufficio diritti (proprio per la sua complessità: c’è un unico ufficio che gestisce i diritti di venti marchi editoriali) a essere l’interlocutore primario dell’editore straniero che vuole venderci i suoi libri. Perciò le mie colleghe che si occupano dell’acquisizione sono per la controparte straniera il primo contatto. Io, che vendo e non acquisisco, faccio diversamente.

Questo è molto interessante perché restituisce un’immagine forse diversa da quella che ci si potrebbe aspettare dell’interazione tra le case editrici. È strano pensare che tra i primi contatti degli editori ci siano proprio gli uffici diritti.

All’inizio lo pensavo anche io. Uscita dal Master credevo di voler lavorare in una redazione, ma poi ho sentito un’esigenza più comunicativa, che credevo che un ufficio stampa, per esempio, non mi avrebbe dato. Volevo qualcosa di diverso: per questo ho fatto lo stage in un’agenzia. Devo dire che è stata una scelta vincente: faccio un lavoro con una forte caratterizzazione editoriale nonostante non sia in redazione. In effetti la parte di vendita, all’interno dell’ufficio diritti, è quella che mantiene forse un aspetto più editoriale rispetto agli altri reparti, che si occupano maggiormente di negoziazione e contratti. Per come è fatto GeMS, poi, la parte di vendita ha una spinta editoriale ancora più forte.

Come si trovano gli acquirenti per una vendita di questo tipo?

La risposta è la parte più delicata e riservata del mio lavoro: la rubrica. I contatti nel mio lavoro sono il fondamento di tutto. Insieme a tutto quello che ci gira intorno: conoscere bene i cataloghi degli editori, incontrarli alle fiere seguire tutte le notizie internazionali, oltre naturalmente all’esperienza che va costruita giorno dopo giorno.

Per gestire le proposte segui sempre la stessa strada o prediligi una strategia ad hoc?

Dopo vent’anni, la mia rubrica ha 4000 contatti attivi, perciò mandare una proposta a tutti i contatti non è un’opzione. Però mi sono fatta la lista degli editori francesi che prediligono il letterario, la lista di quelli internazionali che fanno thriller, e così via. In questo modo, quando ho tra le mani un thriller posso decidere di mandarlo a uno specifico editore oppure, se sono oberata o trovo che sia giusto così, faccio le submission – gergo tecnico per “proposte” – a pioggia. Magari le mando a una sola nazione, oppure a un certo tipo di editori che so avere certe preferenze. Se non avessi i contatti, però, non potrei attuare nessuna di queste strategie. Insomma, la rubrica è il primo pensiero della mattina e l’ultimo della sera.

Quindi, così come l’editor, anche il Rights Manager si porta dietro i suoi contatti? Anche questo dimostrerebbe che c’è una grande componente editoriale nel lavoro dell’ufficio diritti.

Il patrimonio della rubrica è realizzato insieme alla casa editrice: il Rights Manager costruisce tutti i contatti e ha il compito di mantenerli vivi, ma la rubrica è anche merito dell’editore, che dà la possibilità di girare e l’opportunità di creare i contatti, pagando le fiere, i viaggi e così via. Diciamo che è un patrimonio comune. Resta il fatto che un patrimonio di anche qualche migliaio di contatti senza qualcuno che li sappia leggere vale molto poco, pur essendo molto ampio. Solo chi ci ha lavorato direttamente ha l’esperienza necessaria per conoscerli e per capire a chi mandare che cosa.

Nella tua testimonianza per il volume Trovare lavoro in editoria (Editrice Bibliografica 2015) dai molto spazio al ruolo della promozione nel lavoro dell’ufficio diritti: «Se la vendita dei diritti è lo scopo, il percorso per arrivarci è un attento e paziente lavoro di promozione». Ma non è l’ufficio marketing che si occupa di promozione?

La parola promozione può trarre in inganno. Promuovere i propri libri in questo caso, perciò nel mio lavoro, significa proporli alle case editrici straniere. Sicuramente c’è un rapporto con l’ufficio marketing, nel senso che se quell’ufficio sta puntando particolarmente su un titolo io a volte uso dei loro materiali specifici da loro predisposti, ma la promozione è sempre e comunque filtrata da quello che io so che serve per vendere all’estero.
In ogni caso, per promuovere il libro prendo tutte le informazioni dal marketing così come dall’ufficio stampa, ma mi rivolgo anche all’editor, e soprattutto leggo sempre il libro: questo per me è fondamentale. Metto insieme tutte queste istanze, ma sono poi comunque io che faccio la promozione.

Quando si vendono diritti di traduzione si passa da un libro a un libro, nel caso però di una vendita di diritti per il cinema i diritti di un libro vengono venduti per la realizzazione di un’opera completamente diversa dal punto di vista mediale.

In casi come questo, la prima cosa che dico all’autore è che l’opera non sarà il suo libro, perché ci saranno moltissime professionalità – dal regista all’attore, allo sceneggiatore, al produttore – che metteranno mano al libro, che dunque non sarà mai lo stesso. L’autore non si riconoscerà mai del tutto nella nuova opera. Certamente potrà piacere o meno, e per questo nei contratti c’è una clausola che dà all’autore, dopo presa visione dell’opera, la facoltà di usare la dicitura «Tratto da…», «Liberamente ispirato da…», oppure, in casi più estremi, di non riconoscere affatto l’opera. Questa è l’unica forza che l’autore ha, sempre nel caso in cui non venga coinvolto nella sceneggiatura dell’opera. Tendenzialmente, comunque, è una cosa che non capita.

Qual è stata la vendita più importante a cui hai lavorato in GeMS?

Ce ne sono tante, ma una su tutte va menzionata: I leoni di Sicilia di Stefania Auci. È stata una dei miei grandi successi professionali. Un anno prima dell’uscita l’opera mi è stata segnalata dal direttore editoriale di Nord, e io ho visto subito dei fortissimi elementi di vendita sia per l’audiovisivo che per le traduzioni: l’elemento locale, quindi la storia vera dei Florio, ma con un grande respiro universale per il fatto che parlasse di amore, passione, intrighi, di poveri venditori di spezie che diventano famosi in tutto il mondo per un liquore – è in tutto e per tutto il sogno americano. Mi ci sono buttata a capofitto ed è andato subito benissimo. Nel giro di pochi giorni ho chiuso contratti in Spagna, in America, in Francia, in Germania. Siamo arrivati a 35 paesi nel mondo che lo stanno pubblicando o lo hanno pubblicato. Poi è venuta anche la parte audiovisiva: dopo tante attese possiamo svelare che ci sarà un’imponente serie TV, un kolossal targato Disney+, non vediamo l’ora!

È venuto tutto da te quando lo hai letto?

C’è stata una spinta da tutta la casa editrice che sapeva di avere in mano un grande titolo, ma non con questo grado di certezza. Ho individuato degli elementi che sapevo essere, per l’estero, assolutamente irresistibili. So quello che dall’estero mi richiedono.

Parli di richieste perché ti avanzano letteralmente delle richieste?

Si tratta più di capire dove vanno le cose, bisogna capire il trend di cosa si pubblica nel mondo.

Questa è una grande sfida ancora una volta editoriale.

Certo, si tratta di essere svegli e capire dove sta andando tutto. Essere in un grande gruppo ti aiuta. Anche solo perché vedi cosa arriva dall’estero, cosa si compra. È un aspetto tanto affascinante quanto poco noto al grande pubblico. L’editor, o almeno il suo lavoro, lo conoscono tutti; su quello dell’ufficio diritti ho dei dubbi.

 

Questa intervista è stata realizzata nell’ambito del corso di Testi e video per l’informazione giornalistica di Carlo Fumagalli. Vedi l’elenco completo degli insegnamenti del Master Professione Editoria.

ARTICOLI CORRELATI

CONDIVIDI

NAVIGA TRA GLI ARTICOLI

LEGGI ALTRI

LEGGI ANCHE…

L’Università Cattolica torna al Salone Internazionale del Libro di Torino per presentare l’indagine commissionata dal...
Specializzata soprattutto su produzioni italiane, francesi, spagnole e portoghesi, Casalini Libri fornisce libri, riviste, contenuti...