«Ho studiato psicologia, ma anche oggi il mio lavoro è molto simile a quello che facevo durante il tirocinio, perché ho a che fare con il vissuto degli esseri umani e con tutti i loro inciampi» racconta Chiara Beretta Mazzotta, editor e scout che da dieci anni è tra le esperte del mondo editoriale più seguite su Instagram con la sua pagina BookBlister. È attiva nella formazione degli autori e di chi vuole lavorare in editoria, non solo con i corsi in cui presenzia e con la comunicazione social, ma anche con la sua piattaforma di corsi Edday, dedicata al mondo dell’editoria.
Chiara, raccontaci un giorno nella tua agenzia editoriale.
Arrivo in agenzia molto presto, faccio venti minuti di decompressione, ascolto Francesco Costa e predispongo i materiali per i social, che è una parte ormai fondamentale per un’agenzia che vuole lavorare con il pubblico. Poi apro il mio quadernino dove ogni sera faccio un elenco delle cose da fare il giorno dopo. È fondamentale organizzarsi. Parto sempre dagli editing e dalle schede, che richiedono maggiore concentrazione. La mattina è dedicata al lavoro molto concentrato sui testi e al confronto con le mie due collaboratrici. È importante leggere insieme, riflettere insieme e farci delle domande scomode.
E il pomeriggio?
Il pomeriggio di solito scrivo e metto a posto gli appunti. Verso le cinque ho gli appuntamenti con gli autori. Il mio lavoro di lettura prevede sempre un confronto con la persona con cui sto lavorando. Questa è una cosa che le agenzie fanno poco e per un motivo molto semplice: si perde tempo. Ma se parli con un autore e lo conosci, fai le schede di lettura in maniera diversa. Quel tempo che perdo è la parte più bella del mio lavoro, perché gli autori sono mondi da scoprire e mi interessa sapere chi sono, cosa scrivono e perché.
Non sei solo una editor, sei anche una scout. Come si diventa scout?
Nel tempo sviluppi dei rapporti di lavoro sia con gli editori sia con le agenzie letterarie, e cominci a dire “questo libro potrebbe andare bene per…” e ti viene sempre più facile fare questa riflessione.
Lo scout nasce soprattutto all’interno delle case editrici e delle agenzie letterarie. Ha il compito di procacciare i testi. Io a un certo punto della mia vita lavorativa mi sono accorta che all’estero esistevano gli scout come sono io, dei battitori liberi che piazzano i testi. Ti ci trovi. È impossibile fare tutte e due le cose al 100%. Io faccio più la editor e meno la scout.
E quando fai la scout?
Sono davvero tante le storie che hanno un guizzo, un’idea, una scrittura, ma poi per mille motivi sono poche quelle delle quali ti innamori e pensi che possano davvero camminare con le proprie gambe. Quella è la piccola parte che propongo alle agenzie e agli editori con cui interagisco. Sullo scouting si possono fare poche promesse, ma è un lavoro etico rispetto alle tasche dell’autore. Uno scout fissa un prezzo o prende una percentuale sull’anticipo, ma non prende una percentuale sulle vendite. È come un’agente immobiliare: se la trovo, ti vendo la casa, se non la trovo abbiamo investito tempo, ma non abbiamo portato a casa il risultato.
Da molti anni hai aperto BookBlister e da due anni hai fondato Edday: due progetti che mirano a dare consigli non solo agli aspiranti autori, ma anche a chi vuole entrare nel mondo dell’editoria.
Edday nasce proprio come corsi per chi vuole lavorare in editoria, anche se le richieste maggiori sono degli autori. Ho cercato di avere entrambe le realtà. Fra poco usciranno nuovi corsi. L’obiettivo è costruire uno spazio in cui fare informazione. Prima di tutto mi permette di risparmiare del tempo quando qualcuno mi fa tante domande, ma è stato anche un dare ordine a una quindicina d’anni di lavoro. Le domande delle persone ti fanno capire quello di cui c’è bisogno, quindi non solo è stimolante, ma è anche utile a livello di business.
Non li vedi come tuoi potenziali concorrenti?
Credo tantissimo nella concorrenza. C’è bisogno di editor, di agenti, di addetti stampa bravi, c’è bisogno di energia. Questa cosa non produce mai un vuoto, ma sempre un pieno. Se c’è qualcuno che è molto bravo, che fa le cose bene, che fa venire a tutti gli altri delle idee buone, il mercato funziona meglio. Gli autori vedono che c’è movimento e che i libri vengono pubblicati. Non può fare che bene. Viva il fatto di formare nuove persone, perché nella formazione io stessa mi formo tantissimo. Accetto spesso di fare dei corsi nonostante gli impegni, perché è la mia benzina. Stare fuori dal proprio cantuccio comodo e studiare sempre, perché così fai le cose un po’ meglio.
Il self publishing è un fenomeno in continua crescita, pensi che questa tendenza nasca da una sorta di disillusione degli autori verso il mondo dell’editoria?
Il self di solito viene completamente frainteso sia dagli autori sia dall’editoria tradizionale. Chi pensa che sia solo il posto di chi non ce l’ha fatta ha un approccio sbagliato. Provare questa strada senza sapere come muoversi è come aprire la finestra, lanciare un libro e chiudere la finestra. Quelli che invece fanno i compiti sanno che c’è un mercato, che ci sono prodotti che funzionano in rete e che ci sono delle community. Gli editori che non capiscono il self lo vedono come una disintermediazione. Ma dovrebbero essere meno snob nei confronti del self publishing.
Ormai fai parte anche tu del BookTok. Cosa ne pensi?
In realtà tutto è iniziato perché mi avevano segnalato la presenza di video completamente copiati dal mio profilo Instagram. Mi è dispiaciuto, ma mi sono resa conto che se tu non ci sei, effettivamente c’è un vuoto che qualcuno riempirà magari usando i tuoi stessi contenuti! E se non ci sei, non esisti; ma esserci e dare qualità non è semplice. È il grande problema della moltiplicazione dei canali. Non si può essere su tutti i canali, a meno che tu abbia un team a gestirli. I social muoiono, non bisogna affezionarsi mai a una piattaforma. Sono dei luoghi in cui ci sono utenti diversi. Su TikTok ci sono ragazzi più giovani che fanno delle domande diversissime e penso che sia interessante.
Negli ultimi mesi si è parlato molto del problema della pirateria. Ne hai parlato sul tuo blog e su Instagram.
Il grande problema è non dare valore alle cose. Le persone pensano che i libri siano cari e quando gli spieghi tutto il tempo che ci vuole per farli rimangono basiti. Il libro è una cosa che ti rimane e costa come una serata al cinema. Però quel libro non solo te lo leggi, ma ti resta in casa e lo può leggere tutta la tua famiglia; quindi, ha davvero un valore che si moltiplica, oltre a essere un bell’oggetto. Non sarebbe male se all’interno del libro ci fossero scritte tutte le persone che ci hanno lavorato e tutte le ore che sono servite.
Nel caso degli ebook quali potrebbero essere le soluzioni?
C’è la biblioteca, c’è MLOL, che con una cifra irrisoria ti permette di avere tutti gli ebook che vuoi, e lo stesso vale per Kindle Unlimited. Il prezzo dei libri è una scusa. Ci sono dei sistemi anche per proteggere i contenuti. Arriveremo ai libri NFT!
Domanda leggera: un romanzo che hai letto e che consiglieresti.
È un libro che mi ha distrutta: “Génie la matta” di Inès Cagnati, pubblicato da Adelphi. Un libro grigio minuscolo e millesimato, con un uso delle parole col contagocce. Parla di una bambina e di una mamma refrattaria ad ogni forma di affetto. L’unica paura della bambina è che la sua mamma non torni a casa la sera dopo il lavoro. Quando leggi libri che ti fanno stare così male e che ti tengono inchiodata fino alle tre del mattino, ti rendi conto della potenza di fuoco che ha un libro. Ecco, questo mi spaventa e mi affascina. Un libro meraviglioso ed emotivamente faticoso, si legge in due o tre ore, ma bisogna centellinarlo, perché crea una specie di furia bulimica nella lettura.
È una cosa che capita spesso ai lettori?
Ne ho parlato con altre persone che l’hanno letto e sono state male nello stesso modo e negli stessi punti. Esseri umani diversi che reagiscono con una sintonia incredibile alla stessa storia: la magia dei libri sta dentro qua. I libri ti salvano la vita, ti preparano ad affrontarla e danno gli strumenti per conoscersi.
Questa intervista è stata realizzata nell’ambito del corso di Testi e video per l’informazione giornalistica di Carlo Fumagalli. Vedi l’elenco completo degli insegnamenti del Master Professione Editoria.