Quali sono i modi in cui una casa editrice può operare all’estero? Quali le differenze tra cessione diritti, coedizione, distribuzione internazionale o presenza in mercati esteri con società controllate? In questo periodo di crisi economica e di trasformazione del mondo editoriale, le case editrici italiane puntano sempre più sulla strategia dell’internazionalizzazione dei propri prodotti. La vendita dei diritti all’estero ha segnalato un importante incremento nell’ultimo anno, che risulta ancor più significativo se si considera il generale andamento recessivo
del settore. In attesa di raccontarvi tutti i dettagli del secondo appuntamento del ciclo di incontri Editoria in progress, proponiamo su questo tema l’intervista realizzata a Andrea Pasquino, direttore generale area libri estero e B2B di De Agostini Libri, in occasione del primo incontro del ciclo di eventi.
Quali sono le principali forme di internazionalizzazione dell’editoria?
Semplificando molto, è possibile fare editoria a livello internazionale sostanzialmente in quattro modalità.
La prima, e la più semplice, è quella della cessione dei diritti. In questo caso, un editore che abbia realizzato un titolo e voglia sfruttarlo a livello internazionale, può andare a una fiera come quella di Francoforte, Londra, o Bologna per i ragazzi, esporre il proprio libro, trovare un editore interessato e cedergli i diritti di pubblicazione in un determinato Paese o in una determinata lingua, guadagnando le royalties sulle vendite. Per la sua semplicità, è la forma più diffusa, ma è anche quella che consente di cogliere in maniera meno approfondita le potenzialità del commercio librario internazionale.
La seconda modalità, più complessa, è quella delle coedizioni, che rappresentano una scelta quasi obbligata per alcuni generi. Per fare un esempio, all’interno di De Agostini Libri, White Star produce molti libri illustrati, dai fotografici alle guide turistiche. La forma prevalente in questo caso è quella delle coedizioni, perché il solo mercato italiano non riuscirebbe ad assorbire l’intera tiratura e la cessione dei diritti sarebbe poco efficace.
La terza possibilità per l’editore è quella di attivare un proprio catalogo nelle diverse lingue, cosa che consente di pubblicare direttamente i propri titoli nei vari Paesi, senza tuttavia essere presenti con società controllate. Si tratta essenzialmente di una rete di distribuzione internazionale gestita in forma centralizzata. Ad esempio il marchio White Star è dotato di un catalogo dedicato per Francia, Germania, UK e USA, ma i rapporti distributivi vengono coordinati dall’Italia, dalla nostra sede di Novara.
L’ultima modalità è la realizzazione di un vero e proprio gruppo internazionale con società controllate nei vari Paesi. E’ questo il caso di De Agostini Publishing, la società del Gruppo De Agostini che si occupa dei prodotti collezionabili, che è una multinazionale presente in diversi Paesi nel mondo. Questo consente di stabilire una presenza radicata e di raggiungere una conoscenza profonda, necessarie per veicolare i contenuti editoriali in tutti i canali possibili e raccogliere veramente il massimo delle potenzialità di quel Paese. Ovviamente si tratta di una forma più impegnativa dal punto di vista strutturale, perché richiede dei volumi molto elevati per essere vantaggiosa.
Quali sono le principali differenze tra cessione dei diritti e coedizione dal punto di vista organizzativo?
La cessione dei diritti è un contratto di licenza con cui un editore cede il diritto di pubblicare un certo titolo a un altro soggetto, ossia un altro editore di un altro stato, in cambio di un compenso fisso o di royalty commisurata sulle copie vendute. Una volta avvenuta la transizione, è l’editore straniero a occuparsi di tradurre, impaginare, stampare e pubblicare il libro.
Al contrario, nelle coedizioni, all’editore viene commissionato un quantitativo di copie finite. Quindi riceverà i file delle traduzioni dal coeditore, preparerà una serie di edizioni nelle diverse lingue e poi andrà in stampa, accumulando in un’unica tiratura tutte le diverse edizioni del titolo. Questo modo di procedere offre un grande vantaggio, soprattutto per quei generi in cui il costo di realizzazione editoriale e la stampa hanno un’incidenza significativa sul costo del prodotto finito. Non tanto, quindi, per i cosiddetti “titoli in nero”, tipicamente la narrativa, quanto piuttosto per i “titoli colore”, ossia tutti quei prodotti in cui la componente del colore e quella iconografica hanno una prevalenza rispetto alla parte testuale. La possibilità di aggregare le tirature è fruttuoso sia per l’editore che realizza il titolo, perché gli consente di ammortizzare i costi e migliorare la propria redditività, sia per il coeditore, perché riesce ad avere dei prodotti finiti a condizioni agevolate. Certamente si tratta di una complicazione a livello organizzativo (basti pensare alla difficoltà di gestire una coedizione in cui magari si aggregano anche sei, sette lingue diverse), ma per alcuni generi è un fattore abilitante per la sostenibilità economica dell’iniziativa editoriale.
Le coedizioni hanno anche dei lati negativi?
Cercando di realizzare un titolo che possa essere venduto in diversi Paesi, bisogna innanzitutto identificare delle tematiche “universali”, che possano avere un potenziale commerciale in più territori, ma non solo, si devono uniformare lo stile e il formato rispetto ai gusti culturali prevalenti. In questo senso avere una politica di uniformità e coedizione rappresenta talvolta un limite, specie per l’impossibilità di realizzare pubblicazioni a carattere “locale”.
In relazione alle attività editoriali del Gruppo De Agostini, quali sono i settori e i Paesi più attivi in questo momento?
Innanzitutto è necessario distinguere tra De Agostini Publishing e De Agostini Libri. La prima area di business, ben più grande, si occupa delle pubblicazioni in forma di fascicoli, distribuiti tipicamente in edicola o in abbonamento e caratterizzati dalla continuità delle uscite all’interno di collane. In quest’area De Agostini è fortemente internazionale, con una presenza in più di 40 Paesi. Quelli su cui era più incentrata l’attività fino a un decennio fa, cioè Italia, Francia, Germania e UK, oggi vivono una profonda trasformazione, attraverso una evoluzione sia nel contenuto di prodotto che nelle modalità di vendita tramite altri canali, quali l’“on-line” e il mass market (grande distribuzione, catene specializzate, etc.). Ci sono poi altri mercati molto interessanti, tra cui Giappone, alcuni Paesi asiatici e l’area Russa , per quanto quest’ultima recentemente impattata dalla crisi valutaria.
Per quel che riguarda De Agostini Libri, coordina e gestisce le attività editoriali per le pubblicazioni di tipo librario sul mercato italiano ed estero, focalizzandosi sulla pubblicazione di libri per ragazzi, libri illustrati, dizionari, testi scolastici. L’editoria scolastica è gestita da De Agostini Scuola S.p.A., uno dei principali operatori del settore con una produzione rivolta a scuole e istituti di ogni ordine e grado, e anche all’Università. De Agostini Libri è presente all’estero prevalentemente tramite il marchio White Star, società acquisita nel 2011. Si tratta di un marchio specializzato per la produzione di libri illustrati, con una forte vocazione internazionale, soprattutto in Francia, Germania, UK e USA, mercati in cui opera con un proprio catalogo in lingua, e un portafoglio clienti di coedizioni in una serie molto ampia di Paesi. Inoltre, è licenziatario esclusivo per le pubblicazioni dei libri National Geographic in Italia.
Come si inserisce in tutto questo lo sviluppo dell’editoria digitale?
Anche il digitale viene modulato in relazione ai generi: la scolastica, la narrativa e l’editoria per ragazzi vedono un avanzamento nella produzione digitale molto superiore rispetto a quello che si registra ad esempio nei libri illustrati e nelle guide turistiche. Per quanto riguarda i libri illustrati, specie in alcuni segmenti (arte, cucina, etc.), si assiste frequentemente a casistiche di utilizzo “combinato” di video o immagini digitali ad altissima risoluzione che fungono da complemento nella fruizione del prodotto cartaceo. Il digitale in questi casi non rappresenta abitualmente una fonte di ricavo autonomo, ma una “integrazione” di prodotto che amplia la “user experience” del prodotto cartaceo.
Cosa consiglia a chi si sta avvicinando adesso al mondo dell’editoria?
Il settore dell’editoria sta vivendo una fase di forte trasformazione e consolidamento, con una riduzione degli spazi a disposizione. Inoltre, se prima c’era un canale di sbocco quasi naturale, oggi gli editori vanno alla ricerca di canali alternativi, tra cui spicca l’e-commerce. Per questi motivi, si renderà sempre più necessario superare la divisione in funzioni e avere delle competenze integrate, cioè non solo fare dei bei libri, ma anche saper leggere il mercato e cogliere i trend del momento. Quindi, il consiglio che do a chi si affaccia in questo mondo è quello di cercare di avere una visione d’insieme, integrata, e di essere il più possibile delle figure a 360 gradi.