“All’università ho studiato fisica, ma dopo la laurea non proseguito gli studi scientifici perché il lavoro della scienziata richiede di concentrarsi su poche cose. Si arriva a conoscerle benissimo, ma sono quelle. Ho preferito cercare un lavoro che mi permettesse di imparare tante cose diverse, meno bene, ma con maggiore varietà: mi pare una buona sintesi del lavoro giornalistico.” Ludovica Lugli scrive ormai da anni per Il Post, per il quale ha curato il secondo e il terzo numero di Cose spiegate bene, nata dalla collaborazione con Iperborea. Per passione si occupa di progetti paralleli in ambito editoriale con colleghe e amiche che ha incontrato da quando ha deciso di “cambiare direzione”.
Il Post sta ampliando la propria offerta editoriale. Lo scorso anno avete iniziato una collaborazione con Iperborea, la rivista Cose spiegate bene: come è nato questo progetto?
È un progetto a cui abbiamo pensato quando si avvicinava il nostro decimo anno di vita. All’inizio abbiamo tentato di realizzarla da soli, per poi accorgerci che sarebbe stato meglio rivolgerci a una casa editrice che condividesse con noi la cura quasi maniacale sia per il contenuto sia per il contenitore. Abbiamo scelto Iperborea perché la loro rivista The Passenger soddisfa perfettamente questi requisiti. A dire la verità, ci avevano suggerito di non scrivere “un libro sui libri”: ce ne sono già tanti e non sempre funzionano bene commercialmente. Ma Luca Sofri, il direttore, teneva a questo tema, e siamo soddisfatti del successo che ha riscontrato tra i lettori.
Questioni di un certo genere, che hai curato personalmente, è il secondo volume della rivista. avete scelto una tematica attuale e di dibattito pubblico, è stato difficile cercare il taglio adatto in modo tale che fosse comprensibile e non banale?
Non è stato facile creare un indice completo. “Genere” e “sesso” sono concetti che pensiamo di conoscere bene, ma che possiamo fare fatica a spiegare, anche se ci abbiamo a che fare ogni giorno. Il nostro obiettivo era portare a un pubblico ampio le riflessioni che una piccola comunità di studiosi e attivisti ha prodotto negli ultimi decenni. Speravamo che anche i non avvezzi potessero comprendere le basi con dettagli legati all’attualità italiana. Spesso, nelle librerie, le sezioni che trattano tematiche come il femminismo e l’attivismo LGBTQ+ sono frequentate da chi già li conosce. Ma sono temi che riguardano tutte le persone – entro un certo grado di approfondimento, almeno.
Come mai un giornale online ha deciso di scrivere e pubblicare una rivista in formato cartaceo?
Abbiamo voluto creare un format ibrido tra il libro e la rivista, ma sulla costa non abbiamo messo numeri perché all’inizio non sapevamo come sarebbe andato il progetto. I nostri lettori però sono rimasti contenti e ora siamo al terzo, che abbiamo presentato al Salone del Libro di Torino: si intitola Le droghe, in sostanza. Un altro aspetto che ci è piaciuto della creazione di una rivista cartacea è poter collaborare con studi grafici come Tomotomo, con il quale abbiamo concordato che ogni numero avrà illustratori e illustratrici differenti, il nuovo numero è stato illustrato da Paolo Bacilieri.
La tua collaborazione con Verso e il bookclub hanno riscosso molto successo qui a Milano.
Senza Rossetto è stato creato nel 2016 da Giulia Perona e Giulia Cuter, due mie care amiche. È un progetto editoriale che raccoglie punti di vista femminili, un podcast, una newsletter e molto altro. Il bookclub che abbiamo organizzato insieme – da cui nessuna di noi guadagna nulla, lo facciamo “per passione”, come si dice – è nato dopo che per un anno abbiamo portato avanti una sfida di lettura su Instagram insieme alla community di Senza Rossetto. Verso, una libreria in Ticinese che già ospitava i bookclub di Jonathan Bazzi e Laura Pezzino, ci ha dato la disponibilità dei propri spazi e ha coinvolto parte dei partecipanti.
Nello specifico, cosa devono fare i partecipanti?
Circa un mese prima dell’evento abbiamo proposto il libro di cui avremmo discusso insieme: La figlia oscura di Elena Ferrante, autrice amatissima. Il 23 marzo eravamo circa 60 persone: 30 in presenza in libreria e 30 online, tutti quanti potevano parlare al microfono disponibile in libreria oppure attraverso la propria webcam. Crediamo che condividere storie anche personali legate al libro regali spunti interessanti per tutti. Il libro che abbiamo proposto a giugno è stato Il sesso che verrà di Katherine Angel, un saggio sulle relazioni sessuali. A settembre e a dicembre approfondiremo, invece, il tema delle famiglie queer e del matrimonio. Per ora abbiamo in programma quattro incontri all’anno.
Tornando al tuo lavoro, come viene raccontata dal Post l’editoria? Non siate soliti fare recensioni di libri e parlarne, mi spiegheresti come mai?
Il Post scrive dei meccanismi del mondo editoriale, della sua economia, delle dinamiche dei grandi gruppi, ma in redazione non ci sono critici, quindi non facciamo recensioni, né di libri, né di film. Al massimo consigliamo libri che ci sono piaciuti, come generici lettori, in alcune liste che mettiamo insieme prima di Natale o dell’estate nella sezione Consumismi, dedicata a consigli e approfondimenti sulle cose che compriamo online.
A proposito, cosa ne pensi degli inserti letterari cartacei italiani? Trovi che le recensioni o le opinioni possano aiutare nella scelta dei libri da leggere o è meglio orientarsi sui social e online?
Leggo spesso gli inserti culturali e trovo riflessioni interessanti che sui social non ci sono. Anche se mancano le stroncature, che forse farebbero bene ai dibattiti sui libri, almeno in una certa misura. I social sono uno strumento utile per farsi un’idea dei libri che sono più apprezzati, quindi, possono aiutare a propendere per un libro piuttosto che per un altro. Gli inserti invece possono farti notare qualcosa che per qualche ragione non sta avendo un successo di pubblico, ma a cui un giornalista o uno scrittore ha scelto di dare spazio.
Come vedi il mondo dell’editoria e del giornalismo a Milano? Nonostante i due anni difficili che abbiamo trascorso ritieni che siano settori “vivi”?
Sia per quanto riguarda l’ambito editoriale che quello giornalistico, mi sembra che siamo tornati, finalmente, a vivere Milano dopo due anni online e questo è molto positivo. Vengono organizzati eventi, club del libro e, personalmente, credo che le persone vogliano andare in posti in cui si parla di libri. È complesso fare un bilancio complessivo, ma a mio parere Milano è molto viva sotto questo punto di vista e io ne sono felice.
Questa intervista è stata realizzata nell’ambito del corso di Testi e video per l’informazione giornalistica di Carlo Fumagalli. Vedi l’elenco completo degli insegnamenti del Master Professione Editoria.