“Al traduttore, come si sa, si richiede in grado eroico ogni eccelsa virtù professionale, quasi una sorta di santità letteraria […] un artista camaleontico e libertino, un esecutore, un interprete in senso musicale, un mediatore raffinato, in quanto ‘persona molto disposta all’ascolto, a restare nell’ombra, dotata di grande umiltà e devozione, forse di masochismo, ma anche di un’enorme curiosità’.” Dalla prefazione di Ernesto Ferrero.
Uno scrittore mancato. Un imbroglione. Un’ombra. Ma anche un camminatore, un meditatore, un mediatore. Un lottatore, un calcolatore, un funambolo, un artigiano. Un amante che promette (e si ripromette) di essere fedele e poi, immancabilmente, tradisce. Il traduttore è tutto questo, è molto di più. Non è niente. È invisibile.
In questo libro-intervista, Ilide Carmignani, la voce italiana di scrittori del calibro di Bolaño e Sepúlveda, accompagna il lettore nei silenziosi dietro alle quinte di una professione fondamentale ma ancora, purtroppo, poco riconosciuta. Oltre a studiosi, editori e scrittori, alcuni tra i migliori traduttori e traduttrici, che hanno prestato il loro talento di artigiani ad autori come Pennac, Lorca, Borges, Grossman, Hemingway, Kerouac, raccontano in prima persona le gioie e i dolori di un lavoro spesso ingrato ma bellissimo. Si tratta di un libro onesto, intimo, costruito come una chiacchierata tra amici, che offre una visione dall’interno di ciò che significa diventare un autore invisibile in Italia. In un panorama editoriale in cui moltissimi dei libri letti e pubblicati sono stranieri, il lavoro dei traduttori non viene ancora riconosciuto come meriterebbe, in una strana forma di negazione. Problemi come questo vengono sollevati senza remore, nel tentativo di rendere consapevole il lettore dell’importanza di una professione silenziosa ma viva e presente.
I traduttori e le traduttrici si rivolgono con schiettezza a tutti coloro che desiderano intraprendere il loro stesso percorso, spesso consigliando di non farlo. Non riescono però a negare la bellezza di avere l’opportunità di trasformare una passione in mestiere, di potersi fare voce di qualcuno che quella voce altrimenti non l’avrebbe, di poter essere artefici del piacere di decine e decine (quando non migliaia) di persone. Ognuno di essi propone una visione diversa del proprio lavoro, evidenziandone gli aspetti positivi o negativi, raccontando di esserci arrivati per caso o di aver studiato e lottato per averlo.
In questo risiede la vera ricchezza del libro, nel racconto dello straordinario mestiere di persone ordinarie.
Infatti, come afferma Paolo Nori in una delle interviste, “il traduttore ha un compito ancor più difficile, perché deve essere imbrogliato come lettore, imbrogliarsi da solo, e imbrogliare gli altri. È un lavoro orribile, ed è pagato malissimo, ed è un lavoro bellissimo”.