
Star Wars è uno dei film più popolari della storia, e una pietra miliare della cultura pop. Però, nonostante la venerazione che i fan nutrono per la saga, solo i più devoti tra loro non sarebbero sorpresi di sapere che le avventure di Luke Skywalker non esordirono al cinema nel 1977, bensì tra le pagine di un libro omonimo, pubblicato nel dicembre dell’anno precedente.
Questo romanzo, che fu intitolato a George Lucas, sebbene fosse stato scritto nella pratica da Alan Dean Foster, non venne concepito come una versione differente della storia, bensì come un lavoro di approfondimento della sceneggiatura del film. La trama era sostanzialmente identica tra i due media, ma le scene, i dialoghi e le descrizioni della galassia lontana lontana furono tutti ampliati nello scritto di Foster.
Oggi quest’opera ed i suoi successori sono poco noti al grande pubblico, ma essi hanno giocato un ruolo significativo nello sviluppo del franchise di Star Wars; non solo, questi libri sono stati anche casi esemplari nello sviluppo di una particolare forma d’intrattenimento, l’adattamento letterario.
Gli adattamenti letterari: storia e ruolo nel mercato
Durante il Master in Booktelling, seguendo le lezioni della professoressa Eleonora Recalcati, chi scrive ha imparato come la trasposizione di una stessa storia tra media differenti non sia un’impresa banale e meccanica, ma un processo creativo con delle regole da seguire e ostacoli da superare. Giustamente, quindi, nessuno dubita del valore artistico degli adattamenti di opere letterarie, che peraltro giocano un ruolo assai importante nell’industria culturale, ma risulta difficile fare altrettanto con i risultati del fenomeno opposto, ovvero i libri nati come trasposizione di altre opere ludiche.
Nel 2014, un articolo di Vanity Fair, scritto da Alex Suskin, osservò che agli autori di questi romanzi sono riconosciute in media condizioni contrattuali assai svantaggiose, che prevedono in genere una percentuale di royalities dell’1 o del 2%. La scarsa valutazione del ruolo di questi scrittori non è un fatto strano, in quanto loro stessi – si veda questa intervista di Foster per SFFWorld – spesso vedono le loro opere come estensioni di una mitologia più famosa, piuttosto che come il frutto di un atto creativo autonomo.
Di fronte a questa situazione – osserva Suskin nell’articolo del 2014 – è quasi sorprendente constatare che gli adattamenti letterari continuano ad essere letti e prodotti per diverse forme di intrattenimento (ad esempio per i videogiochi di Assassin’s Creed). In particolare, gli adattamenti dei film hanno alle spalle una lunga storia, partita negli anni del cinema muto, e che ha raggiunto il culmine negli anni ’70. Infatti proprio questo periodo vide l’affermarsi di alcune serie cinematografiche presso un pubblico di massa, ma ancora mancava un mercato Home Video che permettesse di rivedere i film. Per questo motivo, gli adattamenti letterari si affermarono sul mercato, specializzandosi nella trasposizione di grandi successi commerciali, affinché il pubblico di questi potesse mantenere una sorta di fruizione dell’opera originaria.
Star Wars: adattamenti della trilogia originale

Negli stessi anni in cui si sviluppava il fenomeno prima descritto, è curioso notare come George Lucas in un primo momento attribuisse ai libri di Star Wars un ruolo significativo nello sviluppo della saga cinematografica. In particolare, oltre al romanzo del 1976, a Alan Dean Foster venne commissionato un sequel, che in seguito avrebbe dovuto costituire la base per un secondo film di Star Wars a basso budget.
Questo romanzo effettivamente uscì nel 1978 col titolo di Splinter of the Mind’s Eye, e sebbene la trama seguisse un canovaccio originale, l’opera venne in effetti concepita come un tutt’uno con la sua progettata trasposizione cinematografica. Tra le altre cose, il personaggio di Han Solo non venne incluso, per evitare di creare problemi alla produzione futura del film nel caso Harrison Ford non avesse voluto rinnovare il suo contratto.
Quando però Una Nuova Speranza uscì nelle sale, ricevendo un’accoglienza trionfale oltre ogni previsione, Lucas decise di cambiare progetti. Il secondo film della saga, L’impero colpisce ancora, venne prodotto senza badare a spese, e neppure alla storia precedentemente concordata tra Lucas e Foster. Nonostante questi sviluppi, anche L’Impero Colpisce ancora ed Il Ritorno dello Jedi vennero adattati per la carta: la trasposizione di quest’ultimo fu addirittura il libro più venduto sul mercato statunitense nel 1983, posto peraltro già occupato l’anno precedente da un altro romanzo tratto da un film di culto, ET l’Extraterrestre.
Quanto a Splinter of the Mind’s Eye, esso fu considerato retroattivamente il primo elemento dell’Universo Espanso, ovvero l’insieme di tutti i numerosissimi romanzi, fumetti, videogiochi e serie tv aggiuntisi negli anni alla saga cinematografica.
Universi transmediali

La vicenda di Splinter of the Mind’s Eye mostra chiaramente i due ostacoli fondamentali per lo sviluppo delle trasposizioni letterarie: il primo di essi è la subordinazione del medium letterario a quello visivo in quanto a capacità di rapido coinvolgimento di un pubblico di massa. Venne stimato che solo l’1% di chi aveva visto Star Wars al cinema acquistò il romanzo omonimo, e Lucas adattò i suoi progetti di conseguenza.
Il secondo ostacolo è invece l’obbligo che tutte le versioni di una storia nei vari media seguano la stessa trama e la stessa caratterizzazione dei personaggi: questa richiesta si fa sempre più pressante mentre cresce il fenomeno delle narrazioni transmediali, racconti unitari che vengono sviluppati contemporaneamente su media diversi. Proprio l’Universo Espanso di Star Wars fu un precursore di questa tendenza: tutti i suoi appartenenti furono catalogati da Lucas come “canonici” in varia misura rispetto alla saga cinematografica.
Se l’interesse dei fan per una serie e la loro volontà di approfondire un mondo e una storia già noti spiegano i dibattiti sulla canonicità, la stessa passione dà ancora motivo di esistere a tutto il genere degli adattamenti letterari, in un’epoca in cui i prodotti originari sono ormai altrettanto facilmente fruibili di un libro. Esiste però un rovescio della medaglia: l’obbligo di esaudire le richieste di fedeltà all’originale del pubblico è alla base di controversie che hanno coinvolto anche prodotti di successo come Il trono di spade.
Entro questi limiti di azione, un adattamento letterario, che già in partenza può contare su un pubblico potenziale più ridotto rispetto all’opera di partenza, viene facilmente condannato ad essere percepito come una copia minore della stessa storia.
Conclusione: le prospettive future
Considerati questi due ostacoli, il futuro del genere non appare particolarmente roseo: in primo luogo, l’industria editoriale sta continuando a perdere peso relativamente ai suoi più diretti concorrenti. In secondo luogo, il fenomeno della transmedialità con le sue conseguenze non è mai stato tanto pronunciato, e tra i primi attori ad agire di conseguenza non si può non annoverare tra gli altri la nuova proprietaria di Star Wars, Disney.
Tuttavia, non bisogna neppure dare per scontata l’eventuale estinzione del genere: non solo i fan continuano a leggere questi libri, ma per ragioni simili, anche scrittori di successo come Terry Brooks si sono dichiarati a più riprese soddisfatti del loro ruolo come autori di adattamenti. Non c’è nessun motivo a priori per cui tale ruolo non possa prima o poi venire ampliato in modo da dare più spazio alla creatività di questi artisti, a patto che fin da subito i loro sforzi non siano degradati come letteratura minore.
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Sull’evoluzione transmediale della serie di Star Wars vedi anche: