Raccontare storie, tramandarle e crearne infinite varianti è parte integrante dell’umanità fin dai suoi albori. Ma come si è evoluto, tutto questo, in tempi moderni?
In realtà è stato molto semplice, soprattutto con l’espansione capillare di internet. Il mondo, interconnesso, non aveva più limiti di tipo geografico, linguistico, sociale: nulla di ciò aveva più importanza, poiché il filo rosso del web accorciava qualsiasi distanza fisica e culturale. E fu così che l’oralità venne surclassata da una nuova forma di comunicazione meno diretta ma forse più immediata: la scrittura per la rete.
Sempre più persone, sempre più storie.
Nessun filtro.
COINCIDENZE?
La nostra storia potrebbe cominciare tranquillamente in uno qualsiasi dei primi anni 2000, dove l’era digitale che avanza incalza i giovani ad affollare in massa le pagine web, raccontando sé stessi e ciò che li angoscia. Perlopiù sono idee, concetti astratti, teorie. Dire ciò che si pensa, nell’esatto momento in cui lo si pensa, è novità e liberazione.
Per dare, però, un taglio più specifico, faremo un rapido salto al 23 giugno 2005, quando, negli Stati Uniti, nasce Reddit.
Per coloro che non conoscono questa piattaforma, o che magari non sono veri e propri nativi digitali, questo nome potrebbe non significare assolutamente nulla. Eppure l’interezza di questo articolo si basa proprio sull’idea di percorso esperienziale creato da questa pagina: Reddit nasce da e per l’utente, creando un ecosistema bilanciato tra la moltitudine dei pensieri e ciò che alimenta attenzione e curiosità.
Reddit è, appunto, una piattaforma che ospita, principalmente, forum. Gli utenti che decidono di registrarsi al sito hanno la possibilità di pubblicare sotto forma di post ciò che desiderano comunicare, sia a livello testuale che tramite link di rimando a siti esterni. A questo punto, inizia la magia: gli altri utenti determinano il grado di interesse suscitato dal post tramite un voto, che può essere positivo o negativo, e, grazie a esso, il contenuto avrà più o meno visibilità.
Ciò che spopola davvero, su questa pagina, sono le teorie: le più svariate congetture, sui più diversi temi. L’unico comune denominatore? La pressoché dilagante infondatezza della maggioranza di queste supposizioni. Ciò che all’epoca poteva davvero spaventare, era, però, la portata di tali ipotesi: movimenti, dibattiti digitali, vere e proprie guerriglie cibernetiche tra fronti divisi. Qualcosa a cui forse oggi siamo, in maniera leggermente più elevata, abituati.
Tra le tante categorie in cui questa piattaforma si divide, è una in particolare a dover attirare la nostra attenzione: quella legata alle leggende metropolitane. È uno spazio, questo, dove l’immaginazione e la suggestione prendono il sopravvento, e le storie, tramandate come a creare un telefono senza fili tra le generazioni, tornano a vivere con forza.
È semplice coincidenza, dunque, che proprio in quegli stessi anni, anzi, esattamente nel 2005, Gege Akutami, un ancora giovane mangaka giapponese, venisse a conoscenza di una leggenda alquanto inquietante e decidesse di renderla tramite le proprie tavole con il nome di Jujutsu Kaisen? O che, qualche anno dopo, una coppia di fumettisti di nome Iro e Aida prendesse spunto per la sua serie proprio dal mito urbano di Hanako-san, meglio conosciuta tra gli adolescenti come la bambina fantasma che infesta i bagni delle scuole di tutto il Giappone?
Non vi è paese in cui non esistano leggende metropolitane. Ma sono queste due in particolare, le storie che davvero hanno riscosso l’attenzione globale: due manga, i cosiddetti fumetti giapponesi, che si sono liberamente ispirati al folklore straripante del web, diventando dei casi editoriali senza precedenti.
La casualità, parere personale, sembra avere uno strano modo di operare.
IL CASO JUJUSTU KAISEN E RYOMEN SUKUNA

Gege Akutami, pseudonimo di un’identità sconosciuta, classe ’92, si ispira proprio ad una di queste leggende per disegnare quello che consacrerà la sua scesa nell’Olimpo del fumetto: il manga Jujutsu Kaisen.
L’intero mondo costruito intorno ai personaggi di fantasia che l’autore crea sembrano usciti dal folklore tipico orientale. In una Tokyo dai tratti oscuri e misteriosi, lo studente del liceo Yuji Itadori potrebbe sembrare il classico adolescente qualunque. A parte, forse, per un talento naturale nello sport, che lo porta ad eccellere in ogni disciplina. Nonostante le rimostranze della scuola, Yuji rifiuta di impegnarsi attivamente nell’attività fisica, che non ama granché, e si iscrive, invece, a un club di “ricerca dell’occulto”, affascinato dal mondo lugubre e inquietante che, secondo i suoi compagni, li circonda costantemente. Sono proprio questi ultimi, infatti, a scoprire, all’interno della loro stessa scuola, un antico talismano maledetto di cui, incautamente, rompono il sigillo.
Come attratte dal talismano, altre maledizioni presenti nell’edificio si avventano sui poveri malcapitati, decretandone una tragica fine. Yuji, trovandosi nei pressi della scuola durante gli accadimenti, viene coinvolto da un personaggio alquanto particolare, Megumi Fushiguro, e insieme cercano di riportare l’ordine. In uno strenuo tentativo di salvare chi lo circonda, Yuji ingoia il talismano, ossia il dito di un demone dal nome Ryomen Sukuna, acquistando così una forza sovraumana e diventando ospite della maledizione stessa. Megumi, che si scopre essere uno stregone di un’antica scuola di Arti Occulte di Tokyo, è costretto a sequestrare Yuji, ormai maledetto. Da qui, la vita dell’inizialmente semplice studentello cambierà drasticamente. Sebbene in un primo momento la minaccia rappresentata da Yuji gli costi quasi la vita, le alte sfere della stregoneria, che da sempre proteggono la società umana dai demoni, decidono di permette al liceale di vivere, ma per un tempo stabilito: non appena avrà assorbito tutte le dita e quindi i talismani, della divinità malvagia Ryomen Sukuna, dovrà essere esorcizzato, per porre fine alla maledizione nella sua interezza.
Anche se a un primo colpo d’occhio si possa pensare che tutta la narrazione di Jujutsu Kaisen sia, in qualche modo, legata al folklore giapponese, è un nome in particolare a dover cogliere la nostra attenzione.
Quello di Ryomen Sukuna.
Come accennato in precedenza, Gege Akutami si ispirò, per questa figura, ad una leggenda metropolitana molto in voga nel 2005, che trattava, per l’appunto, di Ryomen Sukuna.
Proprio in quell’anno, sul web, circolavano voci riguardo ad un particolare ritrovamento durante la demolizione di un tempio nella prefettura di Iwate, in Giappone. Si trattava di una cassa di legno sigillata su cui i pochi caratteri leggibili indicavano la scritta: “Ryomen Sukuna è qui sigillato”. Il ragazzo che postò la storia, e che, secondo la sua ricostruzione, lavorava per la ditta edile che si doveva occupare dello smantellamento, disse che la cassa fu messa da parte dopo aver contattato il precedente sommo sacerdote del tempio, che intimò non venisse toccata. Nonostante gli avvertimenti, due lavoratori part-time, decisero di aprire la cassa durante il loro turno, rimanendo poi esterrefatti dalla scoperta. All’interno, infatti, vi si poteva scorgere il cadavere deforme di quello che sembrava essere stato un monaco buddhista. In circostanze inspiegabili, i due che aprirono il feretro morirono, e gli altri o subirono strani incidenti o rimasero così sconvolti dal fatto che vennero poi trasferiti in un istituto mentale.
Il Ryomen Sukuna che venne ritrovato all’interno del feretro, altro non era che il “Buddha Maledetto” che aveva terrorizzato gli abitanti della regione per secoli, costituendo una vera e propria calamità: secondo alcuni archivi storici dei templi in cui veniva spostata, la cassa fu causa di disastri naturali di portata gigantesca.
Quanto, di questa storia, fosse leggenda, e quanta, invece, verità, non ci è dato sapere.
Ciò che però restò nella mente di Akutami fu l’idea di utilizzare il timore reverenziale nei confronti di questa figura mitologica per trarne un personaggio ipnotizzante, velato dal mistero, ma reso reale dalla storia così sentita di quell’utente che, probabilmente senza cognizione, aveva appena creato un mito.
Il mito Jujutsu Kaisen.
HANAKO-SAN E HANAKO-KUN

In maniera simile, i mangaka Iro e Aida si servirono della leggenda di Hanako-san per scrivere una delle storie attualmente più amate del mondo orientale e occidentale: il manga Hanako-kun.
Secondo la mitologia giapponese più moderna, Hanako-san altri non è che il fantasma apparentemente innocente di una bambina trapassata a causa di un bombardamento di una scuola durante la seconda guerra mondiale (secondo alcune teorie). Questa infesterebbe, sempre secondo le credenze, la terza cabina del bagno delle femmine a scuola, dove può essere interpellata e, in un certo senso, sfidata. Fortunatamente per le studentesse, la maggior parte delle versioni di questa leggenda vede Hanako-san come una figura pressoché innocua, quasi più simile ad una Mirtilla Malcontenta, un personaggio della saga di Harry Potter, che a un’entità sovrannaturale maligna.
È proprio con questo intento che il duo denominato “AidaIro” trasforma, nel 2014, il mito al maschile, rendendo questo simpatico fantasma in maniera quasi dolce e rassicurante, mantenendo però sempre quel velo di sinistro che una storia come questa non può in alcun modo abbandonare. La protagonista del fumetto, Nene Yashiro, s’imbatte infatti nel piccolo Hanako-kun (suffisso giapponese che indica il genere maschile) e non nell’Hanako-san (suffisso femminile) che si aspettava! Mossa principalmente dalla ricerca dell’amore, Nene si rivolgerà al soprannaturale per trovare la risposta alle sue domande, trovandosi però in un vortice di superstizione e occulto.
Nonostante i colori sgargianti, e l’attenzione nel disegnare personaggi dai tratti adorabili, non bisogna dimenticare che la leggenda a cui i due artisti si ispirano ha, come sfondo, la morte del piccolo Hanako-kun: misteriosa, inizialmente indecifrabile, e il cui colpevole, purtroppo, si aggira ancora indisturbato tra i corridoi della scuola.
IL WEB: UN MEGASTORE DI SUCCESSI?
Ciò che queste due leggende insegnano, sicuramente, è che l’idea geniale può essere trovata anche all’interno di una storia che sembra non poterci dare più nulla di quanto fatto fino a questo momento. Non vi è nulla di nuovo, in Hanako: è una storia che in Giappone circola da circa settant’anni. I demoni, e le maledizioni, invece, sono parte del folklore orientale da secoli.
La differenza, senza alcun dubbio, la si trova negli occhi e nella mente di chi reagisce alla leggenda alterandola a sua volta, scomponendola e dandole una nuova forma.
Sulla scia di Jujutsu Kaisen e Hanako-kun, moltissimi altri fumettisti si stanno facendo ispirare da una cultura che sembra essere una fonte estremamente prolifica di narrazioni, e da cui, presumibilmente, nuovi astri nascenti sorgeranno.
Che il futuro del mondo editoriale sia da riscoprirsi tra le pagine di un deep web ormai dimenticato?
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